28 agosto 2025
Aggiornato 06:30
Depressione e funghi magici

Funghi allucinogeni contro la depressione. Ecco perché funzionano

I cosiddetti funghi magici, o allucinogeni, sono stati trovati essere efficaci nel trattamento della depressione, grazie alla psilocibina. Ecco perché funzionano spiegato dai ricercatori dell'Imperial College London

Funghi allucinogeni e depressione
Funghi allucinogeni e depressione Foto: Shutterstock

LONDRA – I funghi allucinogeni o magici potrebbero essere riabilitati grazie alla loro capacità di essere efficaci nel trattamento della depressione. In particolare, la sostanza chiamata psilocibina, pare essere attiva anche nelle forme più gravi della malattia mentale. La scoperta grazie a uno studio condotto dai ricercatori dell’Imperial College London che mostra come la psilocibina, sia in grado di ‘resettare’ le aree del cervello coinvolte nella depressione. Qui, il dottor Robin Carhart-Harris, direttore della School of Psychedelic Research, e colleghi hanno utilizzato delle scansioni cerebrali per immagini al fine di osservare cosa accadeva nel cervello delle persone affette da depressione a cui era stata somministrata la psilocibina. «Alcuni dei nostri pazienti hanno descritto come una sensazione di reset dopo il trattamento e spesso usavano analogie con il computer – ha spiegato Carhart-Harris – Per esempio, uno ha detto che si sentiva come se il suo cervello fosse stato ‘deframmentato’ come un disco rigido del computer, e un altro ha detto che si sentiva ‘riavviato’».

Risultati simili all’elettroshock
L’uso della psilocibina ha permesso di dare il ‘calcio d’inizio’ affinché avvenissero dei significativi cambiamenti nel cervello dei pazienti depressi, ha spiegato il ricercatore. Questo ha permesso loro di uscire dallo stato di inerzia determinato dalla depressione. Gli effetti di questa sostanza presente nei funghi allucinogeni sono simili a quelli riscontrati con la terapia elettroconvulsiva o elettroshock, sottolineano gli autori.

Gli effetti sul sangue e sul cervello
Le immagini del cervello registrate prima e dopo una dose di psilocibina hanno mostrato significativi cambiamenti nel flusso sanguigno. Secondo i ricercatori la sensazione di ‘ripristino’ provata dai pazienti pare essere legata alla capacità della psilocibina di ridurre il flusso di sangue a determinate parti del cervello – cosa che avviene immediatamente dopo il trattamento.

Lo studio
In questo piccolo studio, sono stati coinvolti 20 partecipanti a cui sono stati somministrati prima una dose da 10 milligrammi di psilocibina per una settimana, seguita da una dose di 25 milligrammi la settimana successiva. Durante i giorni precedenti l’inizio dello studio, durante la prima settimana e dopo aver ricevuto la dose più elevata, i cervelli dei partecipanti sono stati scansionati utilizzando un dispositivo di risonanza magnetica funzionale (o fMRI), che permette di visualizzare il flusso di sangue nelle diverse regioni del cervello. L’analisi delle scansioni ha permesso di osservare come la psilocibina avesse modificato il flusso sanguigno nell’amigdala, la parte del cervello che si ritiene coinvolta nella gestione delle emozioni, come lo stress e la paura.

I risultati
Gli effetti della psilocibina, spiegano i ricercatori, sono simili a quelli che precedenti studi sull’esperienza psichedelica hanno descritto come ‘dissoluzione dell’ego’, ossia la sensazione di perdere il senso di sé. Quando le persone lo sperimentano significa che il loro cervello sta entrando in uno «stato cerebrale entropico», che si manifesta quando viene compromessa la connettività tra tutte le piccole regioni che fanno parte del cervello, ma la connettività nel suo complesso è invece migliorata. La differenza però si nota dopo questa prima esperienza, cioè quando il cervello si ‘ripristina’ e per così dire riconfigura tutte le sue connessioni: questo dona alle persone la sensazione di essere ‘riavviato’. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Scientific Report.