9 settembre 2024
Aggiornato 09:30
Premio Nobel per la medicina

Nobel per la medicina a Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young. La società minaccia i ritmi circadiani

Il premio Nobel per la medicina o la fisiologia 2017 è andato ai ricercatori statunitensi Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young per ‘le loro scoperte sui meccanismi molecolari che controllano il ritmo circadiano’

Il palazzo di Stoccolma dove si assegnano i Premi Nobel
Il palazzo di Stoccolma dove si assegnano i Premi Nobel Foto: Shutterstock

SVEZIA – Quest’anno l’Assemblea dei Nobel al Karolinska Institutet ha assegnato il premio Nobel per la medicina o la fisiologia ai ricercatori statunitensi Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young. I tre ricercatori sono stati premiati con questo prestigioso riconoscimento per «le loro scoperte sui meccanismi molecolari che controllano il ritmo circadiano».

Chi sono i tre premiati
Ma chi sono i tre scienziati insigniti del Nobel, di cui forse in molti hanno sentito il loro nome soltanto oggi? Il primo, Jeffrey C. Hall, è nato nel 1945 a New York. Ha conseguito il dottorato nel 1971 all’Università di Washington di Seattle. Si è infine specializzato al California Institute of Technology di Pasadena. Dopo di che ha lavorato alla Brandeis University a Waltham e successivamente all’Università del Maine.
Il secondo, dottor Michael Rosbash è invece nato nel 1944 a Kansas City. Ha conseguito il titolo di dottorato nel 1970 presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT). In seguito ha lavorato all’Università di Edimburgo (Scozia) e poi alla Brandeis University a Waltham (Usa).
Infine, il terzo scienziato, il dottor Michael W. Young è nato nel 1949 a Miami. Ha conseguito il titolo di dottorato nel 1975 presso l’Università del Texas ad Austin. Dopo di che ha lavorato alla Stanford University di Palo Alto. Dal 1978 lavora alla Rockefeller University di New York.

I ritmi circadiani e l’orologio biologico
L’orologio biologico è quell’aspetto impalpabile dell’organismo coinvolto nel cosiddetto ritmo sonno/veglia. Non lo è soltanto negli esseri umani ma in genere in tutti gli organismi multicellulari. L’orologio biologico è altresì coinvolto in altri aspetti della fisiologia degli esseri viventi e nei tempi di secrezione e rilascio di numerosi ormoni – tra cui la famosa melatonina.
I ritmi circadiani hanno anche una base genetica, così come dimostrato negli anni Settanta del secolo scorso dagli scienziati Seymour Benzer e Ronald Konopka, i quali riuscirono a dimostrare che mutazioni in un gene sconosciuto erano capaci di interrompere il regolare ritmo circadiano nel moscerino della frutta. In seguito, e per la precisione nel 1984, i ricercatori Jeffrey Hall, Michael Rosbash e Michael Young, rispettivamente della Brandeis University di Boston e della Rockefeller University a New York, riuscirono a isolare il gene coinvolto. Dopo questo lavoro, i ricercatori Jeffrey Hall e Michael Rosbash scoprirono che una proteina codificata dal gene da loro scoperto, la PER, si accumula durante la notte e viene degradata durante il giorno. Questo dimostrava che i livelli della proteina PER oscillano in sincronia con il ritmo circadiano su un ciclo naturale di 24 ore.

Le ultime scoperte
Dopo questa prima scoperta i ricercatori non si sono fermati, e il passo successivo è stato comprendere in quale modo le oscillazioni circadiane erano generate e sostenute. Quella che dapprima era soltanto un’ipotesi venne poi dimostrata da Jeffrey Hall e Michael Rosbash, i quali osservarono come la proteina PER blocca l’attività del gene attraverso un circuito inibitore di retroazione. Avviene così che la proteina PER riesce a bloccare la propria sintesi e di conseguenza regolare i propri livelli nell’organismo in un continuo ciclo ciclico. Tuttavia, quello che rimaneva ancora un mistero era come la proteina PER potesse bloccare l’attività del gene raggiungendo il nucleo cellulare, sede del DNA. La proteina, prodotta nel citoplasma raggiungeva dunque questo nucleo, la come lo facesse non era per nulla chiaro.

Arriva il secondo gene
Maggiore chiarezza tuttavia arrivò nel 1994, quando Michael Young scoprì un secondo gene coinvolto nell’orologio biologico. Questo era il gene che codifica la proteina TIM, anch’essa necessaria al regolare funzionamento del ritmo circadiano. Il ricercatore è riuscito a dimostrare che quando la proteina TIM si lega alla proteina PER, insieme sono allora in grado di entrare nel nucleo cellulare e bloccare l’attività del gene che controlla il ritmo circadiano. Il tutto sempre attraverso il ciclo di feedback o di ritorno inibitore. Era questo meccanismo a spiegare finalmente come possa avvenire l’oscillazione dei livelli cellulari delle proteine coinvolte. Però, per concludere il quadro, restava ancora da capire che cosa regolasse la frequenza di queste oscillazioni.
A questo punto entrano in campo Seymour Benzer e Michael Young. I due scienziati hanno così identificato un ulteriore gene. Questo, attraverso la proteina DBT, è in grado di ritardare l’accumulo della proteina PER – una scoperta che ha dato preziose informazioni su come una oscillazione viene regolata in modo più intrinsecamente corrispondente a un ciclo di 24 ore.
Il risultato è stato l’aver definito i princìpi fondamentali di come funziona l’orologio biologico. Una scoperta che negli anni successivi ha permesso di individuare altri componenti molecolari che consentono la stabilità del meccanismo, così come la sua sincronizzazione con il ciclo giorno/notte e, ancora, la differenziazione dei ritmi con cui l’orologio biologico contribuisce al rilascio dei diversi ormoni.