19 aprile 2024
Aggiornato 09:30
Le novità dal congresso Esmo

Tumore al colon, la chemioterapia può essere più breve: da 6 diventano 3 mesi

Possono essere sufficienti 3 mesi di chemioterapia per il cancro al colon-retto? Questa la domanda che si sono posti gli esperti al congresso Esmo di Madrid, tra cui il prof. professor Alberto Sobrero, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’Ospedale San Martino a Genova. Ecco le risposte

Cancro del colon e chemioterapia
Cancro del colon e chemioterapia Foto: Shutterstock

MADRID – Durante una sessione speciale al Congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) in corso a Madrid si è dibattuto sulla questione di ridurre il ciclo di chemioterapia adiuvante per il cancro del colon da 6 a 3 mesi. A capo del dibattito c’è il portavoce dell’ESMO, professor Alberto Sobrero, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’Ospedale San Martino a Genova, co-presidente della Sessione Speciale e Co-Presidente Scientifico del Congresso. «Questo dibattito è su una pratica che cambia e la sessione offrirà molta più chiarezza su come i medici devono ora curare i loro pazienti», ha commentato Sobrero nel comunicato Esmo.

La terapia standard a oggi
A partire dal 2004 e fino a oggi la terapia adiuvante standard per il cancro del colon di fase III prevede 6 mesi di chemioterapia a base di oxaliplatino. Tuttavia, la grande neurotossicità dell’oxaliplatin ha stimolato la ricerca per stabilire se tre mesi di terapia fornivano lo stesso beneficio di 6, ma con effetti collaterali ridotti. A tal fine sono stati condotti in tutto il mondo sei studi randomizzati di fase III per valutare le differenze tra 6 e 3 mesi di chemioterapia con i farmaci FOLFOX o CAPOX. Lo studio, denominato, IDEA è un’analisi aggregata dei 12.834 pazienti iscritti nelle sei prove. I risultati hanno mostrato che sei mesi hanno dato meno benefici all’1% in tre mesi, quando tutti i pazienti e entrambi i tipi di chemioterapia sono stati inclusi nell’analisi.
Oltre a ciò, saranno presentati durante la sessione del congresso i risultati di altri quattro studi più avanzati (SCOT, TOSCA, ACHIEVE, IDEA-FRANCE). L’interpretazione degli esperti sarò guidata dal professor Andrés Cervantes, Presidente del Comitato Educativo ESMO, membro del comitato di linee guida ESMO e co-presidente di sessione in cui si discuterà di come gli ultimi dati avranno un impatto sulle Clinical Practice Guidelines ESMO sul cancro colon in stadio iniziale, che sono fissate per essere aggiornate nel 2018. I membri del panel saranno invitati a votare per tre o sei mesi di trattamento nei diversi scenari clinici.

Sei i tre mesi? Le conclusioni
«La conclusione legata al buon senso che viene dallo studio IDEA, è che non vale la pena passare attraverso la tossicità e gli inconvenienti di sei mesi per ottenere meno dell’1% di efficacia – ha dichiarato il dottor Sobrero – Considerando in particolare che la tossicità è ridotta di almeno il 50% con il regime di tre mesi».
«Statisticamente, tre mesi di trattamento erano leggermente inferiori a sei mesi nella popolazione complessiva di studio dei pazienti di fase III – ha aggiunto il portavoce ESMO professor Eric Van Cutsem, autore principale delle linee guida del consenso ESMO per la gestione dei pazienti con tumore metastatico del colon-retto, Head di Oncologia Digestiva, ospedali universitari di Leuven, Belgio – Tuttavia, la conclusione clinica, data la riduzione della neurotossicità con una durata più breve del trattamento, era che tre mesi sono quasi identici a sei mesi». In sostanza, pari e patta. Ma con una minore durata del ciclo, e dunque un minore impatto di effetti collaterali.

In favore dei sei mesi però…
Riguardo al dibattito su 6 o 3 mesi, due ulteriori analisi hanno tuttavia rivelato risultati inaspettati – si legge ancora nel comunicato Esmo – In primo luogo, per i pazienti ad alto rischio di fase III (N2 o T4) la differenza di efficacia si allarga a favore dei sei mesi. In secondo luogo, i risultati differiscono in base al tipo di chemioterapia. CAPOX è altrettanto efficace a tre o sei mesi, indipendentemente dal livello di rischio del paziente. Sei mesi di FOLFOX sono invece più efficaci di tre mesi. «Mentre nel complesso esistono differenze minime nell’efficacia tra tre e sei mesi – ha commentato Sobrero – i pazienti ad alto rischio devono ricevere sei mesi di chemioterapia e CAPOX dovrebbe essere preferito rispetto a FOLFOX».
«Nei pazienti a basso rischio la differenza era così minore che la conclusione clinica è che tre mesi di chemioterapia a base di ossaliplatino sono validi come sei mesi – ha dichiarato Van Cutsem – Anche se statisticamente la differenza è piccola, ciò comporta una grande differenza clinica nei pazienti con la riduzione della neurotossicità». Infine, a proposito dello standard di assistenza per la chemioterapia adiuvante nel cancro al colon di fase III, Van Cutsem ha precisato che «nei pazienti ad alto rischio sei mesi rimangono lo standard, ma nei pazienti a basso rischio tre mesi dovrebbero diventare la nuova durata standard del trattamento». Il professore ha anche ricordato che questa è la strategia che utilizza con i suoi pazienti con tumore al colon di fase III. «Nei pazienti di fase III ad alto rischio si danno sei mesi di FOLFOX, a meno che il paziente non presenti neurotossicità, nel qual caso interrompiamo l’oxaliplatino ma continuiamo con 5FU per una durata complessiva di sei mesi. Nei pazienti con tumori a basso rischio, forniamo tre mesi di FOLFOX», ha concluso Van Cutsem.

Ma c’è chi preferisce tre
Il dottor Sobrero ha fatto anche presente che la maggior parte dei pazienti preferisce l’opzione di tre mesi che dà una tossicità molto più bassa a fronte di una perdita molto ridotta dell’efficacia. «Ogni tanto vedo un paziente che non vuole perdere neanche l’1% dell’efficacia e vuole sei mesi di chemioterapia – sottolinea Sobrero – Questo è solo uno degli aspetti affascinanti dell’implementazione dei dati dello studio IDEA. Discuteremo in modo approfondito le questioni e daremo chiare conclusioni in questa sessione, che sarà realizzata da professionisti della salute che affrontano i pazienti con questa grave malattia quotidianamente e desiderano disperatamente trattamenti migliori».