3 ottobre 2025
Aggiornato 14:00
Usa e Italia pronti alla sperimentazione con Prozac

Prozac contro la sindrome di Down?

Agire sulla serotonina con il Prozac per contrastare la sindrome di Down e far nascere un bambino (quasi) normale. Pronti alle sperimentazioni sia gli Stati Uniti che l’Italia

NAPOLI ─ Contrastare lo sviluppo della sindrome di Down quando il bambino è ancora nel pancione della mamma. Queste le intenzioni dei ricercatori, i quali hanno pensato di utilizzare un noto antidepressivo che potrebbe agire in questo senso: il Prozac, o Fluoxetina.

Se tutto dipende dalla serotonina
L’idea di utilizzare il noto antidepressivo Prozac, o Fluoxetina (il principio attivo), per contrastare la sindrome di Down nasce dalla constatazione che le persone affette da questa sindrome presentano un difetto della serotonina. Lo psicofarmaco utilizzato nel trattamento della depressione agisce proprio sulla ricaptazione della serotonina, conservando nel cervello questo neurotrasmettitore.

Al via i primi test
Negli Usa i primi test su donne incinte inizieranno a breve. Se ne occuperà l’University of Texas Southwestern Medical Center di Dallas, secondo quanto riferito dalla rivista del Mit Technology Review. Ma la sperimentazione partirà tra poco anche in Italia. Avverrà a Napoli su bambini tra i 5 e i 10 anni. «I due difetti principali nella sindrome di Down ─ spiega Renata Bartesaghi dell’Università di Bologna e coautrice dello studio ─ sono un deficit nella produzione di neuroni e il fatto che i neuroni si sviluppano in maniera sbagliata. Sapevamo poi che nel cervello con sindrome di Down c’è un difetto nel neurotrasmettitore serotonina, che grazie alla fluoxetina viene mantenuta nel cervello favorendo la maturazione cerebrale e la neurogenesi».

Il primo test
Il primo test prevede il coinvolgimento di 21 donne incinte a cui è stata diagnosticata la sindrome di Down al feto. A 14 di queste verrà somministrato il Prozac durante la gestazione e poi, al bambino, durante i primi due anni di vita, con l’intenzione di contrastarne la disabilità cognitiva. L’idea non è nuova, dato che negli Stati Uniti sono già alcune centinaia i bambini con sindrome di Down che ricevono lo psicofarmaco, nonostante non siano stati condotti trial clinici ad hoc.

Sui topi però…
Su modello animale si sono ottenuti buoni risultati. Per esempio, i test hanno rivelato un aumento del numero di neuroni con conseguente miglioramento delle capacità cognitive. Ma si tratta pur sempre di topi, per cui «non è detto che nell’uomo l’effetto sia lo stesso ─ puntualizza la dott.ssa Bartesaghi ─ e fino alla dimostrazione non si possono illudere le famiglie. E’ un approccio che suscita un po’ di perplessità, anche perché le dosi utilizzate saranno molto più alte».