25 aprile 2024
Aggiornato 03:00

Procreazione assistita, in Italia troppe gravidanze trigemine

Il Ministero studia un «bollino blu» per i centri

ROMA - Aumentano in Italia le coppie che dall'applicazione della legge 40/2004 si rivolgono alla Procreazione medica assistita (Pma) e, con loro, crescono i cicli di trattamento, le gravidanze ed i nati vivi. Troppi, però, almeno confrontandoli con l'Europa e tenendo in considerazione i rischi accertati per la salute della mamma e del bambino, le gravidanze trigemine.

Il ministero del Lavoro, Salute e Politiche sociali ha reso oggi noto il terzo rapporto del Registro della Pma, sviluppato dall'Istituto superiore di sanità, che dal 2005 per legge raccoglie i risultati forniti dai 342 centri che in Italia applicano la Pma (dei quali 202 praticano anche la fecondazione in vitro Fivet e inseminazione intracitoplasmatica dello spermatozoo Icsi). I dati sono stati anche trasmessi oggi al Parlamento nell'ambito della relazione annuale sull'applicazione della legge 40. Nel 2007 sono state 55.437 le coppie che nella Penisola hanno fatto ricorso alla Pma per avere un figlio, erano 52.206 nel 2006 e 43.024 nel 2005; in crescita anche i cicli di trattamento (passati dai 63.585 del 2005 ai 75.280 del 2007), e le gravidanze (da 9.499 a 11.685 in tre anni).

Quanto ai nati vivi, nel 2007 sono stati 9.137, circa il 78% delle gravidanze. Ma mentre le gravidanze gemellari ottenute con Fivet e Icsi si attestano intorno ai valori della media europea (18,7 in Italia nel 2007, 21% in Europa nel 2005), preoccupa la percentuale di quelle trigemine: 3,5 nei centri italiani (2,7% sui parti), contro lo 0,8% di quelli continentali. In Italia, infatti, la 'forbice' nei diversi centri che praticano la Pma va dallo 0 al 13%: si passa così dagli ottimi risultati di diversi centri, inferiori alla media europea, a quelli decisamente critici con un numero eccessivo di trigemini con serio rischio per la salute della madre e dei nascituri. Proprio per questo entro 3 anni il Ministero vuole istituire una certificazione tramite criteri di qualità dei vari centri sul territorio nazionale, con informazioni dettagliate, controlli, tracciabilità e percentuali su gravidanze gemellari e trigemine. Una sorta di 'bollino blu' dedicato alle coppie. Uno degli elementi qualificanti del terzo rapporto sulla Pma in Italia, ha spiegato Giulia Scaravelli, responsabile dell'unità dell'Iss per il Registro, è che «rispetto al primo rapporto è diminuita notevolmente la percentuale di gravidanze Fivet-Icsi perse al follow-up, ovvero quelle di cui non conosciamo l'esito: nel 2005 erano il 41,3%, nel 2007 siamo al 13,3, quasi nella media europea. Questo ci consente di tracciare una statistica molto più vicina alla realtà».

E' possibile così rilevare che la percentuale di gravidanze sui cicli di trattamento aumenta, anche se di poco, in tre anni: nel 2005 era del 14,9%, nel 2007 del 15,5%. In Italia su 100 cicli di trattamento, quindi, poco più di 15 producono una gravidanza: il dato non è comunque molto distante, con le debite e profonde differenze, da quello riferito alle gravidanze 'naturali', che in condizioni normali e senza l'uso di tecniche anticoncezionali hanno una probabilità del 20% circa di prendere il via. Più alti i casi di malformazioni alla nascita (1,1% sullo 0,4% della media italiana) ma, spiega il Ministero, il follow-up è poco esteso e i dati sono troppo grezzi per arrivare a conclusioni. Difficile però paragonare i dati italiani a quelli europei: diverse le leggi tra i singoli paesi, i parametri di confronto, gli anni di pubblicazione dei risultati. «Solo per dare una tendenza», ha continuato Scaravelli, la percentuale tra trasferimenti embrionali e gravidanze iniziate con trattamento Fivet in Europa era nel 2005 del 30,3%, in Italia nel 2007 del 25,5%, «in crescita».

Secondo il Registro, però, in Italia nel 2007 si assiste ad un ulteriore incremento delle donne che accedono alla Pma con un trattamento Fivet, il che si riflette negativamente sui risultati delle tecniche stesse: aumenta infatti l'età media delle pazienti (da 35,4 anni del 2005 a 36 anni del 2007) al di sopra del corrispettivo europeo (33,8 anni di media nel 2005). Per questo secondo il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella «è troppo alto il numero delle donne in età avanzata che accedono alla Pma, una tendenza pericolosa: circola l'idea che la Pma possa dare risultati miracolosi, mentre è importante far sapere che con il passare dell'età le speranze di successo diminuiscono sensibilmente».

E' noto come gli esiti positivi delle procedure siano in rapporto all'età - sottolinea il Registro - ed in Italia un ciclo su quattro (il 25,3%) è effettuato da pazienti con età superiore ai 40 anni». Tenendo conto che la percentuale gravidanze-trasferimenti embrionali sui 40 anni è del 12% (30% a 29 anni, 22% a 35 anni, 6% a 43 anni), conclude in ogni caso il documento, «l'aumento dei nati vivi e delle gravidanze può considerarsi a maggior ragione un risultato più che soddisfacente per l'applicazione delle tecniche Pma nel nostro paese».