7 ottobre 2024
Aggiornato 04:00
Manovra finanziaria

Fico si difende con una lettera al Sole: «Dolorosa per me la compressione dei tempi sulla manovra, ma...»

«La centralità del Parlamento non resti una dichiarazione astratta ma un faro che ci indica la strada da seguire» scrive il Presidente della Camera

Il presidente della Camera, Roberto Fico
Il presidente della Camera, Roberto Fico Foto: Fabio Frustaci ANSA

ROMA - «La centralità del Parlamento non resti una dichiarazione astratta ma un faro che ci indica la strada da seguire». Il presidente della Camera Roberto Fico, a poco meno di una settimana dalla contestata approvazione della Manovra, scrive una lettera al Sole 24 Ore in cui ribadisce l’importanza che deve avere, secondo lui, l’Aula nel processo legislativo. «Ho profondamente a cuore il senso di un’assemblea, e per me è stata dolorosa la compressione dei tempi di esame della legge di bilancio», ha ammesso. Ma in quel caso, è la sua giustificazione, non c’era scelta: «Era necessario», ha continuato, «organizzare i lavori della Camera tenendo conto dello scarso tempo disponibile e dell’obiettivo primario di non pervenire all’esercizio provvisorio, che avrebbe prodotto serie conseguenze sul sistema economico. La manovra ha tempi stabiliti ed è scandita in ogni sua fase dalla dialettica tra governo e istituzioni europee. È un problema democratico, che riguarda tutti i parlamenti nazionali dell’Ue. Siamo dentro una cornice di vincoli e scadenze, e dentro questa dobbiamo trovare un equilibrio».

La riforma del regolamento
Il presidente M5s della Camera annuncia dunque di voler difendere il ruolo dell'Aula, rispondendo alle polemiche delle opposizioni e al sollecito di Mattarella per il poco tempo concesso alla discussione per approvare la legge di Bilancio. Quindi ha annunciato una riforma del regolamento di Montecitorio per migliorare «organizzazione dei lavori, procedure e qualità legislativa». Nella scorsa legislatura, solo il Senato di Pietro Grasso era riuscito ad approvare una cambio delle norme interne, mentre a Montecitorio non si era trovato l’accordo. Già qualche giorno fa Fico si era difeso in un video su Facebook sottolineando che la sscelta era tra «ampliare i tempi della discussione, sforando il 1 gennaio e prendendomi da solo il rischio di un esercizio provvisorio o cercare di far approvare la legge di bilancio entro il 31 dicembre anche per dare il tempo al presidente della Repubblica di valutarla e eventualmente promulgarla. Non potevo prendermi io questa responsabilità, sarebbe stato assurdo, fermo restando che i tempi di discussione dovevano essere più lunghi. Non sono stato - ha detto - né fazioso né parziale perché per tutte le altre leggi ho dato e darò il tempo massimo, congruo, di discussione, a cominciare dalla legge di riforma costituzionale».

I dati sull'attività del Parlamento
«Gentile Direttore - scrive Fico nella lettera - nel dibattito di queste settimane ha ritrovato spazio il tema del ruolo del Parlamento e sono stati diffusi dati sull’attività della Camera. Ritengo doveroso intervenire, consapevole che alcune patologie nei rapporti fra Parlamento e Governo non nascono oggi: da qui la scelta di fondare il mio discorso d’insediamento sulla centralità del Parlamento». I dati sull’attività della Camera consegnano un quadro di «luci e ombre» spiega Fico. L’incidenza delle leggi di conversione sul totale delle leggi approvate è pari al 60% contro il 51% registrato nello stesso periodo della scorsa legislatura. Minore invece l’incidenza delle leggi d’iniziativa governativa nel loro complesso (80% vs 87%). Il numero di provvedimenti su cui è stata posta la questione di fiducia è pressoché identico. Minore è stato il numero delle sedute. Va considerato però che il governo Conte si è formato tre mesi dopo le elezioni. Con tutto ciò che ne consegue rispetto alla costituzione delle Commissioni, e quindi all’inizio dell’attività ordinaria.

Qualche numero
In questi mesi, inoltre, il Parlamento ha agito efficacemente come trasformatore e integratore dei provvedimenti di origine governativa. Al 20 dicembre, infatti, continua Fico, rispetto ai provvedimenti divenuti legge sono stati approvati tra Camera e Senato 503 emendamenti, di cui 174 delle opposizioni (99 ai decreti-legge). Così come le Commissioni hanno esercitato un ruolo significativo nell’esame dei decreti legislativi: in diversi casi il governo ha recepito integralmente le condizioni contenute nei pareri, avvalorando la tesi della delegazione legislativa come modello di co-legislazione.

La «rivoluzione Fico»
«Credo tuttavia che occorra andare oltre i numeri, avviando delle azioni con un orizzonte culturale e strategico di lungo respiro». Fico ricorda che ad ottobre ha introdotto in via sperimentale una nuova distribuzione degli orari dei lavori per valorizzare il ruolo delle Commissioni, cuore pulsante del procedimento legislativo. L’esperimento ha subìto una naturale sospensione con la sessione di bilancio. «Dal 2019 potremo iniziare a valutarne gli effetti, a patto che il governo dia seguito all’intenzione di ridurre il numero dei decreti-legge». Poi fa sapere che proseguirà «con lo stesso rigore» il suo vaglio di ammissibilità degli emendamenti, «che ho condotto finora senza mai guardare al rilievo politico o a chi fosse il presentatore». La questione è solo apparentemente tecnica: ogni volta che in un decreto entrano emendamenti estranei al suo oggetto, il Parlamento viene svilito, la qualità dei provvedimenti peggiora, rendendo difficile la vita a operatori del diritto, imprese e cittadini, ammonisce il presidente M5s.

La centralità del Parlamento
«Non solo, credo sia ingenuo vagheggiare una centralità perduta se il Parlamento non è disposto a riflettere su se stesso, dunque a riformarsi. Perché un’assemblea parlamentare deve anticipare, non rincorrere, i processi economici e sociali». Per questo a gennaio proporrà alla Giunta per il Regolamento una serie di possibili interventi di riforma che incidono su organizzazione dei lavori, procedure, qualità legislativa. «Se il Parlamento deve fare la sua parte, anche il Governo deve fare altrettanto, con l’obiettivo congiunto di una maggiore concertazione e programmazione normativa. Anche questo rientra nel percorso culturale di cui parlavo: la centralità del Parlamento non resti una dichiarazione astratta ma un faro che ci indica la strada da seguire».