Gentiloni: «Italia vicina alla comunità musulmana canadese»
Il premier: «Vicinanza e solidaretà alla stragrande maggioranza dei cittadini di fede islamica che vivono nelle nostre città, nei nostri paesi, e che rifiutano il terrorismo fondamentalista, anzi ne sono spesso vittime e bersagli»
ROMA - Il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ha espresso solidarietà al Canada, dopo l'attacco alla moschea di Quebec City dove sono morte 6 persone, durante l'incontro a Palazzo Chigi con il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani. «Il governo italiano è vicino alle vittime, ai familiari, alla comunità musulmana canadese, oltre che al governo e al presidente Trudeau».
«Solidaretà alla stragrande maggioranza dei cittadini di fede islamica»
Il premier ha proseguito: «E' anche un modo per confermare il nostro atteggiamento di vicinanza e solidaretà alla stragrande maggioranza dei cittadini di fede islamica che vivono nelle nostre città, nei nostri paesi, e che rifiutano il terrorismo fondamentalista, anzi ne sono spesso vittime e bersagli». Anche Tajani ha espresso la solidarietà e la vicinanza di «tutto il Parlamento europeo alle vittime e al Canada». Il neo eletto presidente ha continuato: «Bisogna rispondere con fermezza alla violenza, nessun luogo di preghiera deve essere luogo di violenza e di omicidi, non deve accadere in Canada per i musulmani e non deve accadere in nessun luogo» anche in quelli «dove ad essere uccisi per il loro credo sono i cristiani».
6 persone uccise, 8 ferite
Ieri notte alcuni uomini sono entrati in una moschea di Quebec city, capitale dell'omonima provincia del Canada, dove durante la preghiera e hanno sparato uccidendo 6 persone. I feriti sono 8. Non ci sono ancora dettagli sull'attacco, la polizia ha riferito di aver fermato due persone per «atto terroristico». L'attentato è avvenuto alla fine di una giornata di caos e proteste negli Stati Uniti contro il decreto di Trump che limita l'arrivo dei rifugiati e impedisce l'ingresso negli Stati Uniti dei cittadini di sette paesi musulmani. Una messa al bando a cui il premier canadese Justin Trudeau aveva reagito annunciando che il Canada era pronto ad accogliere i rifugiati e i perseguitati.