Sergio Marchionne e la malattia: «Tradito dalle sigarette»
Il racconto del legale di Gianni Agnelli, Franzo Grande Stevens. Renzi: «Disgusto per chi lo insulta». Epifani: «Un errore la guerra ai sindacati»

ROMA - «È molto difficile per me parlare di Sergio Marchionne che con Gianluigi Gabetti è stato il mio migliore amico di una vita». Inizia così il racconto in una lettera pubblicata sul Corriere della Sera di Franzo Grande Stevens, storico legale di Gianni Agnelli e grande amico dell'ex manager Fiat. Sono ore difficili per tutti ed è in momenti come questi che iniziano i ricordi: «La sua scelta di amministratore delegato della Fiat (oggi Fca) è dovuta a Umberto Agnelli, che prima di morire raccomandò a Gabetti e a me di chiamarlo in azienda. (...) Quando conobbi Marchionne gli citai per caso, nel nostro colloquio, un filosofo e mi accorsi che egli conosceva benissimo la filosofia a cominciare da Voltaire e Machiavelli». Poi si torna al passato: «Da ragazzino, dopo la scomparsa del padre maresciallo dei carabinieri, con la mamma emigrò da Chieti negli Abruzzi a Toronto in Canada, presso una zia che commerciava in dettaglio ortofrutticoli. Un trasferimento affatto facile per lui. Imparò così il rigore e capì il binomio disciplina-cultura».
La malattia ai polmoni
Franzo Grande Stevens passa poi al racconto delle ultime, drammatiche ore. Ed è in un passo di questa lettera che si scopre la malattia contro la quale Marchionne ha ormai perso la sfida: «Il dolore per la sua malattia è indicibile. Quando dalla tv di Londra appresi il giovedì sera che egli era stato ricoverato a Zurigo, pensai purtroppo che fosse in pericolo di vita. Perché conoscevo la sua incapacità di sottrarsi al fumo continuo delle sigarette. Tuttavia, quando seppi che era soltanto un 'intervento alla spalla', sperai. Invece, come temevo, da Zurigo ebbi la conferma che i suoi polmoni erano stati aggrediti e capii che era vicino alla fine».
Le critiche delle ultime ore
Dopo aver portato il suo ricordo del manager Marchionne, Matteo Renzi su Facebook ha voluto mandare un messaggio a chi lo sta criticando, anche in queste ore: «Provo disgusto verso chi in queste ore ironizza o insulta un uomo come Sergio Marchionne che sta vivendo ore disperate». Perché, per Renzi, «Marchionne ha riaperto fabbriche che erano chiuse o stavano chiudendo: ha creato lavoro, perché il lavoro si crea assumendosi rischi, non aspettando sussidi. Ha risollevato aziende che erano considerate finite. E se è stato oggetto di polemica si deve anche al fatto che il talento viene spesso criticato perché la nostra società è basata più sull'invidia che sull'ammirazione».
Epifani: «Un errore lo scontro con il sindacato
«Marchionne è stato un abilissimo uomo di finanza capace di utilizzare le risorse finanziarie, compresi i prestiti, per la salvezza e il rilancio dell'azienda. Meno brillante è invece il risultato industriale, dove tutti gli obiettivi di produzione e vendita non sono stati raggiunti, e anche di molto». Lo scrive l'ex segretario del Pd, ex leader della Cgil, oggi deputato di Liberi e Uguali, Guglielmo Epifani in un editoriale pubblicato sul sito di Articolo Uno. «Marchionne - scrive l'ex leader Cgil - nei primi anni cerca l'accordo e il consenso dei lavoratori e dei sindacati». Poi, scrive Epifani, i rapporti con Cgil e Fiom passano allo «scontro aperto», oppure diventano «inesistenti».
Mentre, sottolinea Epifani, «dall'altra parte dell'oceano, i rapporti coi lavoratori e il sindacato restano positivi e il fondo pensioni aiuta Marchionne in una operazione finanziaria che rafforza il controllo Fiat in Chrysler. Il rapporto col sindacato diventa in questo modo funzione dell'interesse dell'azienda e degli azionisti soprattutto». Infine per Epifani resta il dubbio seguente: «Si poteva evitare la contrapposizione degli anni seguenti, si poteva continuare in un modello positivo di relazioni e rispetto?». Per l'ex leader sarebbe stato meglio proseguire sulla strada del dialogo. Ma le cose - scrive - «andarono diversamente».