La Ong che con navi, droni e un aereo pattuglia il Mediterraneo alla ricerca di profughi da portare in Italia
La Moas, fondata dai coniugi Regina e Christopher Catrambone, imprenditori italoamericani trapiantati a Malta, che secondo Maurizio Belpietro sono «responsabili di gran parte degli sbarchi di migranti sulle nostre coste»
ROMA - «Con navi, droni e da poco un aereo, pattugliano le acque del Mediterraneo alla ricerca di extracomunitari da portare in Italia», i coniugi Regina e Christopher Catrambone, imprenditori italoamericani trapiantati a Malta, sono «responsabili di gran parte degli sbarchi di profughi sulle nostre coste». La dura accusa è stata lanciata da Maurizio Belpietro dalle pagine de La Verità che ha corredato l'articolo con una foto della «bella coppia».
Dal 2014 soccorsi 33mila profughi
Belpietro ha sostenuto che sono i due sposi a «dirigere e finanziare le operazioni di 'salvataggio' dei migranti a poche miglia dalla Libia» e in effetti stando ai dati forniti dalla loro Ong, la Moas, solo a Pasqua hanno dichiarato di aver sbarcato in Italia 2000 profughi, mentre dal 2014, anno in cui hanno iniziato le loro attività nell'area, hanno soccorso 33mila naufraghi che sono stati sbarcati per la maggior parte in Italia e in misura minore in Grecia.
Le navi partono e tornano vuote da Malta
La Moas ha sede a La Valletta, isola di Malta, dove i Catrambone sono attivi da anni nel ramo assicurativo e nonostante le loro imbarcazioni partano da quell'isola, gli immigrati recuperati in mare non vengono mai sbarcati a Malta, isola che storicamente ha imposto la linea dura sugli ingressi di irregolari nel suo piccolo territorio.
Da dove vengono i finanziamenti?
Stando alle comunicazioni ufficiali della Ong, la Moas è stata fondata dai due coniugi dopo una loro visita a Lampedusa. Secondo il racconto la coppia mentre stava navigando tra Tunisi e l'isola siciliana ha visto in mare una giacca, e pensando che fosse appartenuta a qualche profugo annegato ha deciso di acquistare una nave per prestare soccorso in mare. Mentre il racconto è ricco di dettagli emozionali e richiami alla filantropia, è molto vago sulla provenienza dei finanziamenti raccolti dalla Ong, ha fatto notare Belpietro.
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