28 marzo 2024
Aggiornato 22:00
Laziogate | Il caso Fiorito

Con il voto ad aprile altri 8 milioni di stipendio a Fiorito & co

Il fatto che alcuni dei consiglieri implicati a vario titolo nella vicenda continueranno a percepire lo stipendio per altri sei mesi - in caso di urne ad aprile - potrebbe risultare difficilmente sostenibile di fronte all'opinione pubblica. Durissimo lo scontro sottorraneo, le opposizioni chiedono urne a novembre

ROMA - Renata Polverini ha annunciato le proprie dimissioni, metà consiglio regionale ha aderito alla richiesta del Pd di lasciare l'incarico, l'esperienza della giunta del Lazio sembra archiviata. Eppure, i soli stipendi degli attuali consiglieri regionali - se davvero si votasse in aprile - potrebbero costare alla collettività almeno altri sette milioni di euro. Se si considera poi il costo complessivo della struttura del consiglio - quello di Fiorito e delle note spese vagliate in queste ore dalla magistratura - si arriverebbe alla cifra di 52 milioni di euro complessivi, secondo le stime forniti dai radicali.

Situazione paradossale - Sia chiaro, il consiglio ha comunque un costo, si tratti di quello uscente come di quello che verrà eletto nei prossimi mesi. E votare ad aprile con l'election day comporterebbe un risparmio rispetto al voto della sola Regione Lazio. Ma il fatto che alcuni dei consiglieri implicati a vario titolo nella vicenda continueranno a percepire lo stipendio per altri sei mesi - in caso di urne ad aprile - potrebbe risultare difficilmente sostenibile di fronte all'opinione pubblica.

Le opposizioni vogliono votare a Novembre - Per queste ragioni la battaglia, sottotraccia ma violenta, in queste ore si è spostata sulla data del ritorno alle urne. La governatrice e l'esecutivo pare siano orientati a far votare il Lazio con un election day ad aprile, mentre buona parte dell'opposizione di centrosinistra preme per accelerare e votare a novembre. Costerebbe di più, sostengono i detrattori di quest'ultimo scenario. Ma senza anticipare le urne l'attuale consiglio regionale degli scandali resterebbe in carica fino al voto, per l'ordinaria amministrazione.

Ogni consigliere costa fino a 19.500 euro lordi al mese - Il costo complessivo della collettività per mantenere in vita questo Consiglio nei prossimi sei mesi si attesta intorno a 52 milioni di euro (103 milioni è il costo annuale, secondo i Radicali). Ma non è questo il dato più significativo, bensì il solo costo dei settantuno consiglieri uscenti, per i prossimi sei mesi. Il loro 'stipendio', per intenderci. Secondo i dati elaborati dalla radicale Antonella Casu, mensilmente i consiglieri percepiscono un'indennità lorda in 'busta paga' di 9.362,91 al mese. A questi va aggiunto il rimborso chilometrico (variabile) e la diaria (3.503,11 euro al mese): bisogna poi calcolare un'indennità di funzione, che varia da 2.311,43 euro a 595 euro netti, a seconda dell'incarico ricoperto. C'è infine il cosiddetto contributo eletto elettore, recentemente dimezzato, che si attesta a quota 2.095 euro mensili. In tutto, dai 16.500 mila agli oltre 19.500 mila euro lordi al mese. Senza contare il denaro pubblico che era messo a disposizione dai gruppi ai singoli consiglieri, circa 3 mila euro al mese, congelato dopo gli scandali di queste settimane.
Facendo i conti, al ribasso. Settantuno consiglieri (Polverini compresa), dai 16.500 ai 19.500 euro al mese per sei mesi: si oscilla da un costo di 7 milioni 29 mila euro a 8 milioni 307 mila euro fino a fine mandato. Senza contare le spese per mantenere in piedi la struttura dell'attuale consiglio regionale.

Rischi devastanti per il PDL - Il pressing è fortissimo, arriva da quasi tutti i gruppi di opposizione, come conferma anche la consigliera dell'Idv Giulia Rodano. Ma è l'Udc a rappresentare ancora una volta l'ago della bilancia. Forti sono le resistenze del partito laziale, mentre i vertici nazionali vagliano la possibilità di favorire politicamente il ritorno anticipato al voto che comporterebbe un probabile effetto a catena in altri consigli regionali amministrati dal Pdl, con conseguenze devastanti nel quartier generale berlusconiano.

La legge consente di votare a novembre. Dalle dimissioni della Presidente esiste il limite di 90 giorni per fissare la data del voto, dunque entro il 25 dicembre. Poi sono a disposizione 45 giorni di campagna elettorale, e si arriva fino a metà febbraio. A quel punto il governo potrebbe decidere per l'election day, motivato da ragioni di risparmio, per elezioni entro aprile. Eppure, se domani si fissasse la data delle urne - sottolinea Rodano - si potrebbe votare dal 10 novembre in avanti. Chi spinge per questa soluzione ipotizza il ritorno alle urne a fine di novembre.