1 maggio 2024
Aggiornato 19:30
Centrosinistra | Partito Democratico

Bersani «stoppa» Renzi, ma teme il vuoto a destra

L'affondo di Matteo Renzi sulle primarie guasta la «pax democratica» in vigore ormai da un po' e suggellata dal voto delle amministrative ma le sue considerazioni sul rischio di un «nuovo '94» riecheggiano il timore di molti nel partito

ROMA - L'affondo di Matteo Renzi sulle primarie guasta la pax democratica in vigore ormai da un po' e suggellata dal voto delle amministrative e se è vero che la sfida a Bersani del sindaco di Firenze non trova consensi nel Pd, è anche un dato di fatto che alcune sue considerazioni sul rischio di un «nuovo '94» riecheggiano il timore di molti nel partito. Lo stesso Pier Luigi Bersani che liquida infastidito la pratica-primarie spiegando di avere «altro da fare», avverte però che a destra si è creato «un vuoto» e che qualcuno andrà ad occupare quello spazio. Rivolgendosi ai «moderati», cioè innanzitutto a Pier Ferdinando Casini, Bersani si dice convinto che sarà un soggetto populista, anti-europeo, a raccogliere l'eredità del centrodestra. Un modo per dire ai centristi che solo il Pd offre una prospettiva seria per il governo del Paese. Ma il timore di molti, e forse dello stesso segretario, è che dalle macerie del centrodestra possa spuntare un nuovo soggetto «di governo», in grado di contendere la vittoria al PD.

Renzi, nella sua intervista al Corriere della sera, oltre a chiedere le primarie, evoca esplicitamente questo scenario: «Berlusconi potrebbe inventarsi un nuovo soggetto politico, e questo provocherebbe il bis del '94. Sento un'assonanza tra quel periodo della gioiosa macchina da guerra di Occhetto e questa fase». Su questo, il partito fa sostanzialmente quadrato. Bersani ha risposto ai cronisti solo perché interpellato davanti alle telecamere, ma ha chiesto ai suoi di non fare da cassa di risonanza a Renzi. Non è un caso che gli unici a parlare della cerchia più vicina al segretario sono Giorgio Merlo, franceschiniano, e Stefano Esposito, bersaniano, che usano il sarcasmo: «Perché il giovanissimo Renzi non dichiara da subito la sua disponibilità per la corsa al Quirinale?».

Ma anche uno come Giuseppe Fioroni, certo non un fedelissimo di Bersani, ha liquidato così la cosa: «Dire e fare la cosa giusta al momento giusto è buona politica, chiedere le primarie mentre siamo in piena tensione sociale non lo è». Pure il veltroniano Walter Verini stoppa il sindaco di Firenze, sebbene con un tono molto più soft e nell'ambito di un ragionamento articolato: il Pd, dice Verini, è senz'altro il perno di ogni futuro governo, ma bisogna anche «legittimare» questo ruolo con i fatti nei prossimi mesi, «questo è il nostro compito prioritario, parlare ora di altre ipotesi è certo legittimo ma mi sembra fuori tema e sopratutto lontano dalle emergenze del difficile momento».

D'altro canto, gli equilibri nel partito sono sempre precari e lo dimostra il ragionamento che svolge Giorgio Tonini, «a titolo personale»: il senatore democratico, altro veltroniano, invita Bersani a «riflettere» sulla sollecitazione delle primarie perché «essere un modo per lanciare la sua candidatura forte nel Paese. Inviterei a rifletterci senza animosità interne e senza guerre di bande, costruttivamente, per il bene del partito e del Paese. Non 'contro' qualcuno». Invito che per ora il segretario non pensa di raccogliere.

D'altro canto, come commenta un dirigente Pd bersaniano, «Renzi pensa solo a sé stesso» e le sue mosse sono anche rivelatrici di quello che si muove a destra del Pd: «Dieci giorni fa ha pranzato con Casini, si sente sempre con Montezemolo... E Montezemolo sembra sia uno dei 'cavalli' su cui Berlusconi potrebbe puntare». Insomma, il timore è che quello del sindaco di Firenze sia un posizionamento in attesa di vedere cosa accade nel centrodestra. «Uno come lui - ragionano due diversi dirigenti del partito - chiedendo le primarie pone le premesse per creare un pretesto di rottura: se non gli vengono concesse, potrà uscire dal partito dicendo che non c'è agibilità democratica. Ovviamente lo farà solo se ci sarà un approdo interessante...».

E proprio quello, molto più che Renzi, è il vero timore in questo momento. Casini sembra tentato di giocare la partita nel centrodestra e da giorni Bersani e D'Alema gli lanciano avvertimenti: è solo col Pd che c'è una prospettiva di governo. «Cos'è questa cosa dei moderati? Io vedo un centrodestra populista». E Bersani si sforza di spiegare che il Pd comunque guarderà al centro, con o senza Casini. Ma è chiaro che il timore di una 'sorpresa' esiste, non è detto che non venga fuori un 'federatore' capace di costruire un soggetto competitivo.