22 marzo 2023
Aggiornato 18:00
Palermo | Comunali 2012

Da sfida laboratorio a frattura, a Palermo disastro Terzo Polo

Il voto doveva «affondare» Alfano, ora il Pdl vicino a intesa con Casini. Per capire la portata della frattura bisogna ricordare la valenza simbolica della sfida palermitana. Terra di Alfano, ma anche di Renato Schifani, roccaforte forzista fin dai tempi mitici del «61-0»

ROMA - Capolavoro Palermo, caso in predicato di passare alla storia per quantità e qualità di colpi di scena. Partita a metà strada tra sudoku e risiko, soprattutto emblema di un Terzo Polo incapace di correre unito alle amministrative proprio nel luogo simbolo del prossimo voto locale. Lì, nella terra di Angelino Alfano, rischia di rompersi il giocattolo. Lì, dove il segretario del Pdl temeva una sconfitta casalinga pesantissima, Udc e Fli hanno deciso alla fine di fare come a Lecce, altro importante centro del voto amministrativo: dividersi. E se davvero il Pdl convergerà su Costa, il «laboratorio Palermo» - che tanto aveva lasciato sperare i terzopolisti più convinti - servirà invece a testare l'intesa tra il partito di Berlusconi e quello di Casini.

Uniti a Palermo e Genova, era questa l'asticella - neanche troppo alta - fissata da Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini alcune settimane addietro. «Bastano quelle due città simbolo», andava ripetendo il presidente della Camera, capace in un primo momento di convincere il leader Udc a mollare l'intesa con il Pdl nel capoluogo siciliano e a schierare il Terzo Polo su Costa. Poi però le primarie del Pd vinte da Ferrandelli hanno infranto il precario equilibrio.

In fondo, l'Udc mai aveva accettato il veto futurista all'alleanza con il Pdl e, soprattutto, mai e poi mai avrebbe accettato l'intesa con Lombardo, ormai avversario in Regione. I sospetti (sempre smentiti) di un sostegno riservato di Lombardo in chiave anti Borsellino, l'apertura di Costa al Pdl e la scelta di Mpa e Fli di rompere con il giovane candidato hanno fatto il resto, creando i presupposti di un'alleanza fra Pdl e Udc che il partito di Alfano è chiamato a sancire entro stasera. Resta il nodo della possibile convergenza del Pid di Romano su Costa, inviso all'Udc.

Per capire la portata della frattura bisogna ricordare la valenza simbolica della sfida palermitana. Terra di Alfano, ma anche di Renato Schifani, roccaforte forzista fin dai tempi mitici del «61-0», Palermo rischiava di consegnare il Pdl al ruolo di terzo contenitore politico, alle spalle di Pd e Terzo polo. Per Costa - in chiave anti Pdl - molto si era spesa l'ala siciliana di Fli, i primi a rompere con il pidielle quando ancora Futuro e libertà neanche era stata pensata. Molto si è scritto sul pressing del segretario berlusconiano su Fini e Casini per evitare la sconfitta e una crisi tutta interna al Pdl dagli esiti imprevedibili. In gioco, però, c'era anche la partita della candidatura alle prossime regionali, alla quale ambisce fortemente l'Udc. Senza contare i difficili rapporti tra il nascente Grande Sud di Micciché e Alfano. Un autentico rebus, dal quale però Alfano riesce almeno a ottenere la frantumazione del Terzo Polo siciliano.

A Verona, invece, l'Udc ha deciso di candidare Luigi Castelletti. Fli ha accettato, accantonando l'idea Lucia Cametti e dovendo dunque ripiegare su un nome diverso da quello selezionato e annunciato. Il Pdl, «orfano» di Tosi, ha deciso di sostenere Castelletti. Ricostruendo, almeno nel capoluogo scaligero, l'antico Polo di centrodestra. A Lecce, invece, i ruoli di Udc e Fli sono invertiti, rispetto a quelli ricoperti a Palermo: i finiani corrono con il pidiellino Fitto e con Poli Bortone, l'Udc ha annunciato una propria corsa solitaria con Luigi Melica. A Genova, infine, il nome sul quale Fli e Udc hanno deciso di convergere è quello di Enrico Musso. Almeno a Genova l'intesa terzopolista pare reggere.