12 ottobre 2025
Aggiornato 10:00
Politica & Giustizia

Vietti: Basta confusione, oggi il Giudice fa il Legislatore

«Le Toghe non hanno legittimazione ma la Politica non fa la sua parte. Separazione delle carriere inutile, Toghe in politica problema reale»

CORTINA - «Io non voglio dire chi abbia torto e chi abbia ragione tra politica e magistratura. Ma è certo che oggi il giudice, in alcuni casi, si comporta come se fosse legislatore. Questo genera confusione, perché il politico ha il mandato dal popolo di realizzare leggi, il giudice no. Però, è anche vero che la politica rende difficoltoso il ruolo della giustizia, con norme che rallentano il lavoro della magistratura». Lo ha denunciato con forza il Vicepresidente del Csm Michele Vietti, ospite oggi a Cortina Incontra.
«L'esempio più significativo - ha evidenziato Vietti - è l'introduzione del reato di immigrazione clandestina, che è una partita persa perché è pressoché impossibile dare un'identità ai clandestini. Inoltre, rallenta la possibilità di istituire altri processi. Cos'è stato risolto? I procuratori iscrivono nei registri indagati i clandestini, dobbiamo iniziare processi virtuali che intasano la macchina giudiziaria, che ha portata limitata... Poi arriva Corte giustizia europea che ci dichiara nulla quel tipo di sanzione penale... per cui abbiamo fatto un giro istituzionale inutile».
«Ma la colpa più grande della politica, soprattutto riguardo alle intercettazioni - ha sottolineato Vietti - è quella di non essere stata capace - in ben tre legislature - di fare una riforma che dicesse chiaramente quale ruolo debbano avere le intercettazioni».

Quanto alle possibili riforme della Giustizia, «non capisco - ha affermato fra l'altro Vietti - quale possa essere l'utilità della separazione delle carriere tra giudice e Pm». Perchè «si racconta che la soluzione dei problemi della giustizia si troverà con questa separazione delle carriere» ma «non ho capito bene cosa diventerebbero questi pm separati dai giudici». «Oggi - ha ricordato il Vicepresidente del Csm - la magistratura costituisce un ordine unico, che è autonomo dal potere legislativo ed esecutivo perchè il Costituente l'ha voluto così. Il Csm è un unico governo sia dei giudici che dei procuratori, i quali sono meno di un terzo del totale dei magistrati. Questi procuratori, una volta separate le carriere, diventerebbero una sorta di chiesa autocefala... Eppure: voi sapete quanti sono, oggi, i procuratori che diventano giudici e viceversa? Si contano sulle dita di due mani. Questo perchè, praticamente, con la riforma è stata introdotta l'incompatibilità territoriale, per cui chi vuol cambiare funzione può farlo, ma deve cambiare anche regione. Il che comporta tali difficoltà logistiche ed esistenziali che dissuade. Quindi il problema è tutto mediatico».

Piuttosto, a giudizio di Vietti, sarebbe urgente disciplinare il passaggio dalla toga alla politica, tanto più se dopo l'uscita dall'ordine giudiziario il politico vi fa ritorno. «Uscire dalla magistratura per fare politica - ha affermato- non lo può impedire nessuno: l'elettorato passivo è un diritto costituzionalmente garantito. Però - e qui esprimo un'opinione personale - dobbiamo assolutamente evitare che un magistrato vada a fare l'amministratore locale o il consigliere o l'assessore nello stesso territorio dove esercitava, perchè questo fenomeno pregiudicherebbe l'imparzialità dell'intera magistratura». Così come «dobbiamo evitare che il magistrato che abbia scelto di fare politica, finita la sua esperienza - ha concluso sul punto Vietti- possa come se nulla fosse tornare nei ranghi della magistratra». Perchè «il suo valore più grande, come magistrato, è l'imparzialità, per cui secondo me si può tornare nei ranghi della pubblica amministrazione, ma si deve cambiare funzione»