19 aprile 2024
Aggiornato 13:30
Futuro e Libertà

Il Futurista: Fini faccia un «altro» partito

«Serve un cambio di rotta, troppa vecchia politica»

ROMA -«E se Fini facesse un altro partito?». La provocazione viene lanciata in copertina dal nuovo numero del futurista, settimanale di area finiana diretto da Filippo Rossi, da oggi in edicola, che svolge un'analisi dura sul partito nato dopo la separazione dal Pdl.
«Futuro e libertà per l'Italia - si legge - sembra in affanno. I numeri parlano chiaro, e i sondaggi non raggiungono più, come avveniva ai tempi di Bastia Umbra, percentuali a due cifre. C'è troppa vecchia politica, in quello che doveva essere il primo partito della Terza Repubblica». Per questo, prosegue l'articolo, servono «nuove facce e nuove idee per non fermarsi in mezzo al guade. Serve un cambio di rotta. Serve un 'altro' partito: e non c'è bisogno per forza di cambiare nome o simbolo».

Una dura analisi quella del Futurista, Fli «assomiglia sempre di più a un banale partitino da Prima Repubblica. Ingessato. Cannibalizzato da vecchie correnti, che trascinano stancamente da decenni le loro lotte di potere (e non solo dai tempi di Alleanza nazionale, perché capita addirittura che si tratti di infelici eredità del Movimento sociale italiano)». Ci sono, dice il Futurista, «troppi potenziali elettori, attratti dalla sfida contro Berlusconi, hanno scelto di approdare direttamente nel campo della sinistra. E in troppi, purtroppo, finiranno per cedere al richiamo delle sirene del Grillo di turno, preda di qualche Masaniello e arruffapopolo da strapazzo. Serve un cambio di rotta. Serve un nuovo «contenuto», più che un nuovo contenitore. Ma la cosa peggiore - conclude il futurista - sarebbe rinunciare a portare a termine quella sfida, privandosi dei frutti di una battaglia che si è cominciata quando sembrava davvero un'utopia impossibile. L'importante è non restare imbrigliati nel ciarpame, affogando al seguito di una classe politica mediocre, destinata alla sconfitta. Non si può restare qui, così, a metà strada, quando davanti - anche se ancora non tutti le vedono - si stanno per aprire impensate praterie».