19 aprile 2024
Aggiornato 03:00
Partito «incerto» sui risultati alle Amministrative

La campagna (scettica) di Berlusconi, e i fantasmi nel Pdl

La maggioranza teme la disfatta elettorale ma il Premier «non mollerà». E studia un piano B

ROMA - Lui l'ha già messo agli atti, «comunque vada non mollo». In modo che nessuno possa chiedergli un passo indietro nel caso in cui una slavina elettorale dovesse investire Pdl e governo. Ha condotto la campagna elettorale per i ballottaggi oscillando tra recriminazioni sui candidati prescelti, bulimia da videomessaggio tv e tentazioni di disimpegno. Di fatto, Silvio Berlusconi ha deciso di non decidere, di spendersi e non spendersi, di credere alla rimonta ma di non crederci davvero, fino in fondo. Tanto che nel Pdl è partita la corsa a riposizionarsi nel caso in cui «martedì», spartiacque per i berlusconiani di tutte le correnti che vanno componendosi, l'edificio dovesse traballare fino a crollare. Regna l'incertezza, ma il sentimento più diffuso resta lo scetticismo. Perché il Cavaliere, dopo aver consultato sondaggi riservati e sembra niente affatto propizi, pare aver abbandonato la speranza del ribaltone meneghino e della conquista napoletana. Poi, se contro ogni pronostico dovesse invece farcela, tenendo Milano e strappando Napoli, allora davvero le lancette tornerebbero indietro al 15 dicembre. Sarebbe un film già visto, il Pdl che invano si organizza per un 'post Berlusconi' che il Cavaliere non intende concedere ad avversari esterni e competitor interni.

E' stata una campagna elettorale molto diversa rispetto al primo turno, quella di Berlusconi in vista dei ballottaggi. Che a qualche azzurro ricorda quella del 2005, quando un Berlusconi di pessimo umore si spese solo in parte e alla fine perse di brutto. Stavolta ci ha provato, almeno al primo turno. Al risultato negativo sono seguiti giorni di silenzio, una fiammata a reti unificate, una lunga intervista a Porta a Porta senza l'atteso annuncio-sorpresa sul fisco, un ultimo comizio a Napoli. Niente Milano, deserti i palchi che avrebbero dovuto ospitarlo nel suo feudo, nessuna uscita pubblica con una Moratti giudicata candidata inadatta alla rimonta. Solo uno sfogo in mondovisione con Barack Obama contro i soliti giudici.

E ora, se davvero il Pdl dovesse perdere Milano e Napoli, ma anche cedere il passo a Trieste e - avrebbe del clamoroso - passare il testimone alla sinistra anche nella moderatissima Cagliari, Berlusconi cosa farà? Come risponderà alle trame di correnti che pensano già al 'dopo' e allo spettro di una Lega ormai impaziente e sempre in bilico? Al netto di colpi di scena, scenari di ribaltone o di transizione morbida, se glielo concederanno il premier proverà a rilanciare l'intesa con il Carroccio, tenterà di farsi forte del rapporto con «l'amico Umberto», spingerà sull'acceleratore di una riforma fiscale sempre annunciata e mai realizzata. E metterà mano - se i veti incrociati lo renderanno possibile - a un partito sempre più balcanizzato. A meno che non si decida alla fine a tentare la rischiosa strada di un esecutivo bis, un piano B valutato nelle ultime ore ai massimi livelli del centrodestra. In fondo, mercoledì scorso ha detto quello che davvero pensa a quei milioni di spettatori sintonizzati sul programma di Vespa: «Esiste un governo senza Berlusconi e senza voto? In questo momento mi sembra molto difficile. Se mi venisse un colpo domani mattina il Pdl avrebbe un mio successore da proporre alla Lega».