26 aprile 2024
Aggiornato 05:30
Futuro e Libertà

Fini: Non sono sconfitto, in battaglia per un nuovo centrodestra

Intervistato dall'Espresso, il presidente della Camera dice: «Da chi se ne va allucinazione collettiva o mala fede»

ROMA - Mentre si moltiplicano gli addii a Futuro e Libertà, Gianfranco Fini non si sente affatto sconfitto anche se riconosce che il suo è «un progetto politico ambizioso» il cui esito «non è affatto scontato». Intervistato dall'Espresso, il presidente della Camera dice: «No, non mi sento uno sconfitto. Mi sento in battaglia, fermamente intenzionato a combattere per un'altra idea di centrodestra. Saranno gli elettori a dire alla fine se questa idea ha cittadinanza. O se l'unico centrodestra possibile in Italia è quello di Berlusconi e di Bossi».

In un lungo colloquio, il leader di Fini ripercorre il suo anno più burrascoso, dalla nascita di Fli fino ad oggi. Le considerazioni su chi se ne va sono gelide: «Un delirio: frutto di allucinazione collettiva, o di malafede». E la consapevolezza che la strada è ancora molto lunga: «Una traversata nel deserto a piedi, l'esito è tutt'altro che scontato. In gioco c'è molto di più di un gruppo parlamentare: c'è un progetto politico ambizioso e, banalità, il futuro della persona che anima il progetto. Comunque Fli non vuole partecipare allo scontro quotidiano tra berlusconiani e anti-berlusconiani: sono due facce della stessa medaglia». Un progetto che per Fini viene da lontano: «Non c'è nessuna improvvisazione, come qualcuno pensa: prima di essere brutalmente estromesso dal Pdl, con la fondazione FareFuturo avevo cercato di proporre un centrodestra sensibile ai diritti civili, rispettoso delle istituzioni, innovativo sull'integrazione degli stranieri».

«A Milano - osserva Fini - ero soddisfatto, avevo tolto dal campo l'equivoco di un'alleanza con la sinistra, senza ambiguità. E Bocchino, Urso e Viespoli avevano usato le stesse parole. Ora andremo avanti più spediti di prima. Voltiamo pagina, guardiamo al futuro e non al passato. Cosa sarà del Pdl dipenderà dall'epilogo della stagione di Berlusconi. E l'epilogo saranno le prossime elezioni, tra due mesi o due anni, è lì che vedremo se abbiamo vinto o perso. Ne valeva la pena?, mi sono chiesto spesso. Ma di fronte a quello che vedevo mi sono detto: non è per questo che ho deciso di fare politica da giovane. A quasi sessant'anni non è più una questione politica. È qualcosa di più profondo: una questione di dignità».