Casini: non servono «offerte». Il Premier si dimetta
Il leader centrista cauto sul terzo polo e Fini: «Noi decisivi nella prossima legislatura»
CHIANCIANO TERME - Il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, ribadisce che il suo partito non è interessato a entrare in questa maggioranza né in questo governo e chiede al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi di dimettersi: solo così si potrà riaprire un dialogo per quel governo di responsabilità che i centristi chiedono da mesi. L'ex presidente della Camera tuttavia non nasconde ai suoi la convinzione che si andrà al voto in primavera tanto che ripete più volte che l'operazione del premier per raggiungere una maggioranza di 316 deputati alla Camera, senza l'apporto dei finiani, sia solo una tattica per poi tornare a dire che con certi numeri non si può governare.
In contemporanea con l'intervento di Berlusconi ad Atreju, Casini si fa intervistare a Chianciano Terme da Enrico Mentana ricoprendolo di elogi («in venti giorni ha raggiunto il 10%, ci ha già sconfitto, oggi è l'avversario da battere», ironizza) e chiude la tre giorni del tradizionale appuntamento centrista di settembre, quest'anno dedicato al partito della Nazione che l'Udc sta mettendo in piedi.
Ma, all'indomani dell'accorato intervento di Francesco Rutelli sul terzo polo e della promessa del finiano Italo Bocchino di un cammino insieme per un centrodestra alternativo a quello rappresentato da Berlusconi e Bossi, il leader Udc è più cauto: «Sono i due fondatori del Pd e del Pdl, Rutelli e Fini, a dire le cose che diciamo noi». E a domanda diretta sulla terza carica dello Stato, risponde che certo «non possiamo dispiacerci se due anni dopo dice il 90 per cento delle cose che noi abbiamo detto prima con più credibilità». Ma «noi continuiamo nella nostra strada. Il problema di Fini è un problema di Fini». Non dell'Udc.
Alle esternazioni del premier sui centristi che andranno con lui anche senza il consenso di Casini, risponde la platea dei militanti di Chianciano indirizzando fischi e sonori 'Buffone' al premier e il leader Udc commenta: «Se Berlusconi pensa che comprando Ibrahimovic vince il campionato, non è così come dimostrano i risultati». E prevede che il Cavaliere non riuscirà a mettere in piedi il cosiddetto gruppo di responsabilità. E se qualche centrista si lascerà sedurre, pazienza: «Se uno tra i dodici apostoli tradì, figuriamoci se non possono esserci traditori nel mio gruppo». Poi non perde l'occasione per dare una stoccata a quei siciliani - vedi il coordinatore regionale del partito Saverio Romano che ieri aveva caldeggiato un patto con Berlusconi per non lasciarlo tra le braccia della Lega - che si sussurra siano tentati dal corteggiamento del premier: «Noi dovremmo dargli una mano? Si dia una mano lui che il paese va in rovina...».
«Ci hanno offerto di tutto di più, ma il nostro prezzo non è così basso. Non siamo tappabuchi», dice Casini. «Non ci interessa - spiega - non perché non abbiamo vanità ma la nostra vanità è cambiare il paese e non possiamo farlo sedendoci alla corte di Berlusconi, bensì alle nostre condizioni». Ovvero che il premier si dimetta. Quanto alle elezioni anticipate, il leader Udc assicura di non temerle («I sondaggi di Berlusconi sono taroccati«): «Noi - è convinto - saremo la forza determinante per gli equilibri della prossima legislatura». Con il Pd non è affatto tenero («Temperatura del Pd non pervenuta», ironizza) ma sulle alleanze non si sbilancia e liquida la domanda di Mentana in proposito: «Sento che stiamo riuscendo a battere Mentana, fermiamoci qua perché abbiamo troppi voti...».