24 aprile 2024
Aggiornato 01:30
Corone di fiori a via Salaria

D'Antona, undici anni fa l'omicidio

Il vicepresidente del Senato Vannino Chiti: «Responsabilità di tutti noi mantenerne vivo il ricordo»

ROMA - Il 20 maggio di undici anni il giuslavorista Massimo D'Antona fu ucciso dalla sedicenti Nuove Brigate Rosse in via Salaria a Roma, a pochi passi dalla sua abitazione. Da questa mattina, sul luogo della tragedia, si sussegue la deposizione di corone di alloro alla memoria di D'Antona di Istituzioni, forze politiche e sociali.

IL RICORDO DI CHITI - «La follia ideologica delle nuove Brigate Rosse - ricorda il tragico anniversario il Vicepresidente del Senato Vannino Chiti in un messaggio alla vedova Olga D'Antona- colpì una persona di grande umanità e rigore, uno studioso di valore e competenza. E' responsabilità di tutti noi mantenere vivo il ricordo di Massimo D'Antona. Con il suo omicidio - prosegue Vannino Chiti - si è voluta colpire la democrazia, un progetto di modernizzazione dello Stato e del welfare, costruito attraverso l'apporto intelligente di intellettuali, all'azione di governo. Massimo D'Antona ha pagato con la vita l'impegno e il coraggio per il progresso del nostro Paese. Compito nostro ora deve essere quello di continuare a lavorare, con la tenacia e la convinzione di Massimo, perché la violenza che lo ha colpito undici anni fa non si riaffacci nella vita del Paese - conclude il Vice Presidente del Senato - e si affermino i valori che con lui abbiamo condiviso ».

SCHIFANI - Massimo D'Antona, ucciso il 20 maggio 1999 a Roma dalle Nuove Brigate Rosse, apparteneva, insieme a Ezio Tarantelli e a Marco Biagi, «alla scuola prestigiosa dei grandi studiosi italiani impegnati nelle istituzioni, che hanno pagato con la vita il proprio impegno per realizzare una compiuta riforma del mercato del lavoro ed una effettiva tutela dei diritti dentro la cornice della solidarietà e responsabilità dei comportamenti e delle scelte individuali». Lo ha detto il presidente del Senato Renato Schifani,intervenendo a palazzo Giustiniani alla presentazione del volume di scritti scelti del giuslavorista assassinato 'Lavoro, diritti, democrazia. Indifesa della Costituzione'. «Il brutale assassinio di D'Antona, avvenuto undici anni dopo quello di Roberto Ruffilli, dava inizio - ha ricordato Schifani - ad una nuova fase del terrorismo tesa a colpire uomini di grande levatura morale e professionale determinanti per la stagione a venire, e impedire così quel processo di cambiamento che si intendeva avviare nel mondo del lavoro». «Allievo di Renato Scognamiglio, D'Antona - ha proseguito il presidente del Senato - aveva insegnato Diritto del Lavoro anche all'Università La Sapienza di Roma, proprio nello stesso dipartimento che fu di Moro e Bachelet. Vi è un filo rosso che unisce le storie dei testimoni della nostra Italia, che vissero la loro umanità come servizio per gli altri e con generosità interpretarono la loro libertà come strumento per la libertà di tutti e per la democrazia dell'intera comunità». «Uomo mite e ironico, raffinato giurista e professore preparato, D'Antona - ha affermato ancora Schifani - seguiva con attenzione il mondo accademico e le istanze provenienti dai giovani. Si considerava verso i giovani quasi in un debito ideale, come se il loro destino non fosse in alcun modo separato dall'impegno e dalla generosità umana, culturale e intellettuale dei loro padri. La vera innovazione era per lui la garanzia e non un limite per la loro crescita e la loro realizzazione».