19 agosto 2025
Aggiornato 01:00
Il caso

Pedofilia, la Santa Sede: rimuoveremo i termini della prescrizione

Mons. Charles J. Scicluna: «Esiste l'obbligatorietà dell'azione penale. In 9 anni 300 i preti accusati di pedofilia»

CITTÀ DEL VATICANO - Monsignor Charles J. Scicluna è il «promotore di giustizia» della Congregazione per la Dottrina della Fede. In pratica è è il pubblico ministero dell'ex Sant'Uffizio che ha il compito di indagare sui delitti che la Chiesa cattolica considera i più gravi in assoluto. Oggi il prelato, in una intervista al quotidiano Avvenire, annuncia che il Vaticano si prepara a rimuovere i termini della prescrizione relativi agli abusi sessuali commessi dai sacerdoti.

«Prima del 1898 - afferma monsignor Scicluna - quello della prescrizione dell'azione penale era un istituto estraneo al diritto canonico. E per i delitti più gravi solo con il motu proprio del 2001 è stata introdotta una prescrizione di dieci anni», anche se «in base a queste norme nei casi di abuso sessuale il decennio incomincia a decorrere dal giorno in cui il minore compie i diciotto anni». In quanto «la prassi indica che il termine di dieci anni non è adeguato a questo tipo di casi, sarebbe auspicabile - spiega il responsabile vaticano delle inchieste sui casi di pedofilia - un ritorno al sistema precedente dell'imprescrittibilità' dei delicta graviora. Comunque - ricorda il promotore di giustizia - il 7 novembre 2002 Giovanni Paolo II ha concesso a questo dicastero la facoltà di derogare dalla prescrizione caso per caso su motivata domanda dei singoli vescovi. E la deroga viene normalmente concessa».

Scicluna spiega: «Non imponiamo ai vescovi di denunciare i propri sacerdoti, ma li incoraggiamo a rivolgersi alle vittime per invitarle a denunciare quei sacerdoti di cui sono state vittime. Inoltre li invitiamo a dare tutta l'assistenza spirituale, ma non solo spirituale, a queste vittime».

«In alcuni paesi di cultura giuridica anglosassone, ma anche in Francia - rileva inoltre il responsabile vaticano delle inchieste sulla pedofilia - i vescovi, se vengono a conoscenza di reati commessi dai propri sacerdoti al di fuori del sigillo sacramentale della confessione, sono obbligati a denunciarli all'autorità giudiziaria». «Si tratta - ammette monsignor Scicluna - di un dovere gravoso perché questi vescovi sono costretti a compiere un gesto paragonabile a quello compiuto da un genitore che denuncia un proprio figlio. Ciononostante, la nostra indicazione in questi casi è di rispettare la legge».

«In un recente caso riguardante un sacerdote condannato da un tribunale civile italiano, è stata proprio questa Congregazione - rivela - a suggerire ai denunciatori, che si erano rivolti a noi per un processo canonico, di adire anche alle autorità civili nell'interesse delle vittime e per evitare altri reati». «In Italia - sottolinea in proposito il promotore di giustizia - il fenomeno non sembra abbia dimensioni drammatiche, anche se ciò che mi preoccupa è una certa cultura del silenzio che vedo ancora troppo diffusa nella Penisola».

Quanti sono i casi trattati? «Complessivamente in questi ultimi nove anni (2001-2010) abbiamo valutato le accuse riguardanti circa tremila casi di sacerdoti che si riferiscono a delitti commessi negli ultimi 50 anni. Sono tremila vicende di pedofilia? «Non è corretto dire così - continua Scicluna - Possiamo dire che grosso modo nel 60% di questi casi si tratta più che altro di atti di efebofilia, cioè dovuti ad attrazione per adolescenti dello stesso sesso, in un altro 30% di rapporti eterosessuali e nel 10 % di atti di vera e propria pedofilia, determinati da una attrazione sessuale per bambini impuberi. I casi di preti accusati di pedofilia vera e propria sono quindi circa trecento in nove anni».