Il Corriere della sera: la corruzione è un male tipico degli italiani
Per l’editorialista Galli Della Loggia l’onestà nel nostro paese è una merce estinta
Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della Sera ci vuole convincere che la corruzione in Italia sia il prodotto di un virus inguaribile che si è insinuato nel nostro Dna facendoci diversi da popoli e società alle quali, per altri versi, siamo perfettamente assimilabili.
La corruzione, dice Ernesto Galli Della Loggia, non è di destra né di sinistra, non conosce appartenenza di partito, ma se proprio si deve riconoscere in un colore, questo è il tricolore.
L’editorialista non perde tempo a spiegarci da dove proviene il virus del quale saremmo affetti, si limita infatti a fotografare i luoghi in cui si manifesta.
Chi non crede alla natura virale della corruzione, spiega, fa finta di non sapere che le tangenti continuano a girare vorticosamente anche nel privato, che i concorsi sono tutti truccati e già riservati agli amici degli amici. Non parliamo poi degli appalti.
Galli Della Loggia ci rende inoltre edotti che l’evasione fiscale è dilagante e che milioni di italiani violano i regolamenti urbanistici spesso ricorrendo alle mazzette.
Poiché l’editorialista del Corriere fa queste denunce con tono di assoluta certezza, evidentemente ne sa più di noi. Quindi ci auguriamo che appena finito di scrivere l’articolo sia corso alla Procura della Repubblica per vuotare il sacco delle malefatte di cui è a conoscenza.
Altrimenti dobbiamo concludere che abbia sprecato lo spazio che gli ha messo a disposizione un giornale autorevole come il Corriere per aspergere fra i suoi lettori un detto dei nostri nonni che, con perentorietà paragonabile a quella delle sue parole, affermava: «Qui il più pulito alla rogna».
Il sospetto che abbia seguito una logica da «bar dello Sport» si rafforza quando passa ad infilare nel cesto dei taglieggiatori i detentori di tariffe: dalle società autostradali, alle compagnie di assicurazione, a quelle telefoniche, a quelle aeree, alle banche.
Ma veramente il signor Galli della Loggia pensa che l’esosità di una polizza, dalla quale un qualsiasi cittadino può difendersi invocando concorrenza e trasparenza o rivolgendosi alle associazioni dei consumatori o all’antitrust, possa essere equiparata a chi maneggia i soldi pubblici per gonfiarsi le tasche attraverso appalti e concorsi?
Nella marmellata dai mille gusti che Galli della Loggia ha confezionato per i suoi lettori, ha inoltre dimenticato di inserire una presenza, anche se miserrima, di un’altra figura che pure non dovrebbe essere scomparsa del tutto: l’italiano onesto, che non ruba, non corrompe, non è corrotto, paga le tasse, non bestemmia e non getta la carte per terra.
Come conclude, infine, l’editorialista? Invitando gli italiani a guardarsi dentro a guardare alla loro storia. Ma soprattutto a non credere che cambiare governo serva a diventare onesti.
Su quest’ultimo punto non si può che essere d’accordo con Galli Della Loggia. Ma allo stesso tempo è lecito o no chiedere ai governanti, a qualunque colore appartengano, di darsi da fare per arginare la frana di una corruttela che, oltre a danneggiarci economicamente, ci infligge un senso di sfiducia, una depressione che ci toglie forze e speranza?
Rassegnarci, accettare la realtà gelatinosa che ci circonda come un male italico invincibile è proprio il contrario di quello che si deve fare. Se accettassimo questa logica cosa dovremmo insegnare ai nostri figli «è inutile che studi, tanto poi lo troviamo il modo di corrompere qualcuno per farti andare avanti»?
Anche se la percentuale di chi naviga, o vorrebbe navigare nell’illecito avesse superato, come in molti sostengono, il livello di guardia , non bisogna dimenticare che la stragrande maggioranza degli italiani è solo vittima di questo degrado.
L’unica colpa che agli italiani come popolo si può attribuire è il vizio antico di illudersi che l’arte di arrangiarsi possa essere la via di fuga migliore per non restare schiacciati dal sistema imperante.
A loro discolpa bisogna però aggiungere che c’è un esercizio del confondere le acque buttando tutto in politica al quale non poco contribuiscono i mezzi di informazione. Soprattutto quando, invece di attenersi ai fatti, costruiscono teoremi, spaccano il capello per stabilire se siamo tornati o no ai tempi di «mani pulite».
L’editoriale del Corriere oggi non si sottrae alla tentazione di aggiungere nebbia alla nebbia. Partito dall’assunto, giusto, che la corruzione non è di destra, né di sinistra, finisce però per concludere che la corruzione è dell’Italia, della sua storia, del suo Dna, dei suoi geni infetti.
Volendo adattarci al recinto logico che ha ispirato questo editoriale, l’unico commento che si può fare in merito alle conclusioni a cui è giunto Galli Della Loggia è: «siamo caduti dalla padella nella brace».
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