28 marzo 2024
Aggiornato 21:00
Caso Boffo

Feltri fa retromarcia su Boffo, ma per i Vescovi sono scuse tardive

Bagnasco: «Serve la cultura del rispetto». Nel Pdl voglia di riabilitazione

ROMA - Vittorio Feltri vuole chiudere l'affaire Boffo. Era stato il suo Giornale ad attaccare il direttore di Avvenire, innescando una tempesta che si è quietata solo con le dimissioni del direttore del giornale dei vescovi. Dino Boffo era reo, per il quotidiano di proprietà del fratello del Premier, di aver criticato le escort di Berlusconi nascondendo, per incoerenza, un ingombrante scheletro nell'armadio, una storia di omosessualità e ricatti.
«Il supercensore condannato per molestie», fu il titolo sparato in prima pagina dal Giornale. Ieri, Feltri ha definito «bagattella» quell'episodio, riconoscendo a Boffo «un atteggiamento sobrio e dignitoso che non può che suscitare ammirazione». Caso «chiuso», come ritiene il Giornale? Non per tutti. A stretto giro di posta la Conferenza episcopale italiana precisa di considerare «tardive» quelle scuse.

Il Giornale aveva attaccato che Boffo appoggiandosi su una informativa anonima? «La ricostruzione dei fatti descritti nella nota, oggi posso dire, non corrisponde al contenuto degli atti processuali», scrive Feltri in una risposta - in prima pagina - ad una lettrice del suo giornale. Da fine agosto, quando attaccò Boffo, il direttore del Giornale ha quindi potuto vedere i contenuti del fascicolo a suo carico nel tribunale di Terni. Da quelle carte Boffo, «giornalista prestigioso e apprezzato», «non risulta implicato in vicende omosessuali», e in esse «tantomeno si parla di omosessuale attenzionato». Questa è la «verità», sottolinea Feltri, «e oggi Boffo sarebbe ancora al vertice di Avvenire».

Protesta il Pd, che, per parla di «lacrime di coccodrillo» (Zaccaria) e di «cripto-scuse» (Enrico Letta). «Dopo il danno arriva la beffa», secondo Rosy Bindi. Ma in quella maggioranza da cui è partito l'attacco si respira un'aria di riabilitazione. Il Popolo della libertà esprime all'unanimità apprezzamento per il «coraggio» dimostrato da Feltri, e subito rilancia, domandandosi quale futuro ripagherà Boffo del danno subito. Se non alla guida di Avvenire - posto ormai assegnato, dopo lunghe trattative tra i vescovi, a Marco Tarquinio, vicedirettore all'epoca di Boffo e giornalista apprezzato da tutta la redazione - dove? Renato Farina, tra i primi a diffondere un commento, sottolinea che l'ex direttore del foglio dei vescovi è «di certo degno di incarichi prestigiosi». Il sottosegretario Eugenia Roccella plaude al gesto di scuse, sottolineando che, comunque, «non sarà mai abbastanza».

«Mi chiedo chi e come porrà riparo al suo danno personale e professionale«, afferma senza giri di parole Maurizio Gasparri. Gli fa eco il presidente dell'Udc. «Chi restituisce a Boffo mesi di sofferenza e anche i danni professionali procuratigli?», domanda Rocco Buttiglione. Il ministro Sacconi si dice «lieto» che «la correttezza e la professionalità di un bravo giornalista come Dino Boffo siano state riconosciute». In una nota, il diretto interessato, Boffo, si limita a far sapere «dall'estero» che ha vissuto la giornata «nel raccoglimento».

Se il Popolo della libertà è fulmineo a prospettare il riscatto di Boffo, più cauti sono i vescovi. «L'articolo di oggi de 'Il Giornale' conferma il valore della persona del dottor Boffo che, ancora prima delle tardive ammissioni di Feltri, si è volontariamente fatto da parte per non coinvolgere la Chiesa, che ha peraltro servito da sempre con intelligenza e passione», è il commento di monsignor Domenico Pompili, portavoce della Conferenza episcopale italiana. Nato in ambito ecclesiale e finito nel tritacarne della politica, l'attacco a Boffo ha intaccato irreversibilmente le vicende dalla Chiesa cattolica italiana. Non senza frizioni tra Cei e Segreteria di Stato vaticana. Il grande sponsor di Boffo, il cardinale Camillo Ruini, è ancora attivo e - schivando le domande dei giornalisti sulle scuse di Feltri - ha presentato stamane un mega-convegno su Dio che si svolgerà la prossima settimana a Roma. Ormai, però, non è più presidente della Cei. E' stato il suo successore, cardinale Angelo Bagnasco, ad accettare le dimissioni di Boffo. E oggi, in un messaggio ad un convegno della stampa cattolica, ha affermato: «Il nostro Paese di fronte alle grandi questioni che lo interrogano ha bisogno di un linguaggio serio e sereno, di cultura del rispetto, di passione per il bene comune». E non - si potrebbe dire - di rapidi colpi di bianchetto.