19 aprile 2024
Aggiornato 17:30
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Corona era «Accecato dal denaro», Pm chiede 7 anni

«Avrebbe potuto usare meglio intelligenza e carisma. Contro Lapo Elkann violazione aberrante»

MILANO - «Fabrizio Corona avrebbe potuto usare meglio intelligenza e carisma che non gli mancano, ma era accecato dalla bramosia di denaro e per questo ha mandato alla deriva una idea originariamente buona, lo sfruttamento del gossip». Il pm Frank Di Maio ha disegnato ai giudici un identikit anche psicologico di Fabrizio Corona prima di chiederne la condanna a 7 anni e 2 mesi per 6 episodi, tra estorsione e tentata estorsione, ai danni di personaggi del mondo dello sport, dello spettacolo, insomma dello star-system.

Il magistrato ha usato parole dure quando ha detto che la tentata estorsione ai danni della Fiat fu particolarmente grave perchè avvenuta nel momento in cui Lapo Elkan era tra la vita e la morte dopo la notte alla cocaina che aveva passato con il trans «Patrizia», al secolo Donato Brocco. Ma lo stesso pm ha ammesso quasi riflettendo ad alta voce davanti ai giudici di aver cercato un «appiglio» per poter sollecitare le attenuanti generiche. «E non è stato possibile» ha concluso ricordando le parole che Corona aveva pronunciato «in spregio alla giustizia» attaccando il pm di Potenza Woodcoock che ne aveva ottenuto l'arresto all'inizio dell'indagine. Per Corona il pm ha potuto solo partire dal minimo della pena edittale. Assoluzione per non aver commesso il fatto, è invece la richiesta per il collaboratore di Corona, Marco Bonato, «perchè manca l'elemento psicologico del reato».

Il calciatore Adriano, Lapo, il motociclista Melandri, l'ex calciatore Coco, il centravanti della nazionale Gilardino e l'imprenditore Vacchi sono gli involontari protagonisti di questa storia di foto, più o meno rubate, in grado di rovinare l'immagine degli interessati e per le quali Corona avrebbe chiesto soldi in cambio del ritiro dal mercato.

Non poteva mancare nella requisitoria un riferimento esplicito a episodi di stringente attualità, come il caso Marrazzo. «Prendo atto che c'è una inquietante deriva nella gestione di video e immagini e i fatti di cronaca ne sono un'evidenza» spiega Di Maio che dà conto anche delle difficoltà incontrate in un'indagine già complicata perchè ereditata da un'altra autorità giudiziaria per ragioni di competenza.