29 aprile 2024
Aggiornato 13:30
Intervista di Fabio Martini - La Stampa

Veltroni: «E' arrivata l'ora di mettere in campo le grandi riforme»

Il leader del Pd: «Ma ci vorrebbe un De Gasperi, non un Berlusconi»

E’ sabato mattina e, come ogni giorno, Walter Veltroni entra nel suo studio al partito alle 8,20. I giornali li ha già letti e ha il tempo per prendere un po’ in giro i suoi collaboratori maschi per come sono vestiti («quella sciarpa, ma per favore...»), è di buon umore e spiega perché: «Oggi per l’opposizione è un giorno importante. In mattinata presenteremo alle parti sociali il piano anti-crisi del Pd. Non è prassi caricarsi sulle spalle il compito dell’alternatività delle proposte. Di solito l’opposizione è portatrice di un cartello di no, o di affermazioni difficilmente traducibili in realtà».

Il presidente del Consiglio, dopo aver invitato gli italiani a consumare, ora si dice preoccupato. La «terapia ansiolitica» sembra vacillare, ma la cura di fondo invece è più chiara: non alimentare il debito, non alzare l’età pensionabile. Una linea in continuità con quella di Prodi e Padoa-Schioppa: come fate a contestarla?«La differenza con prima è il contesto, che richiederebbe misure anti-cicliche e non pro-cicliche. Il governo naviga nella confusione. Berlusconi ora dice di essere preoccupato, ma dopo aver fatto affermazioni che resteranno nella memoria del Paese: quella per cui «la crisi finanziaria non avrà ricadute sulla economia reale», quella che annunciava la chiusura dei mercati finanziari, quella per cui un calo del Pil non deve preoccupare più di tanto».

Quale è la ricetta del Pd per provare a uscire dalla crisi?«Partiamo da una premessa: da otto mesi noi ripetiamo ossessivamente: guardate che questa sarà una crisi che cambierà il paesaggio sociale del Paese. «Il Giornale» ha fatto una pagina deridendo il mio catastrofismo, ma ora tutti si rendono conto di cosa sta succedendo. Questa crisi non è arrivata al suo acme e purtroppo i prossimi mesi saranno ancora più drammatici: l’Italia avrà tre anni di recessione. Ma, come dice il capo di gabinetto di Obama, «una crisi grave non va mai sprecata». E’ proprio in questi momenti che bisognerebbe fare le riforme più coraggiose. Ma questo richiederebbe di avere al governo uno che abbia in mente di unire il Paese e non di dividerlo».

Bene, se lei fosse a Palazzo Chigi cosa farebbe?«Questo sarebbe il momento di fare alcuni interventi volti a far crescere il Pil e a ridurre la povertà. La riforma degli ammortizzatori sociali, per sostenere precari e cinquantenni che perdono il lavoro, favorendo formazione e reinserimento. Lo Stato deve pagare tutti i debiti che ha con le aziende medie e piccole, circa 30 miliardi di euro, e bisogna che le banche restituiscano a queste imprese le condizioni creditizie perdute. Bisogna fare un grande piano decennale di riconversione verde, che porti a cambiare l’alimentazione di tutti gli edifici pubblici e privati. Serve una politica infrastrutturale che faccia partire i cantieri adesso. E una riforma che fissi il limite di tempo per ogni risposta amministrativa».

Lei invoca coraggio, ma perché non proponete un patto tra generazioni: alzare l’età pensionabile in cambio di risorse per finanziare meglio gli ammortizzatori sociali?
«Su questo, registro che il governo ha detto di no. Un giorno Tremonti ha detto che bisognava intervenire e Sacconi ha detto di no. E’ un tema che la maggioranza ha deciso di togliere dal campo. Ma questo sarebbe il momento in cui fare grandi riforme strutturali e servirebbe un governo all’altezza della crisi. Ci vorrebbe un De Gasperi o un Ciampi. In questo momento bisogna unire il Paese per fronteggiare l’emergenza nazionale. Ma non è Berlusconi l’uomo adatto».

Non pensa che sinora al Pd siano mancate nei diversi campi proposte convincenti, innovative, «trainanti» per governo e parti sociali?«Probabilmente anche noi dobbiamo fare di più. Ma c’è anche un problema di racconto della politica italiana. Gran parte dei politici e dei giornalisti italiani si è formata in un tempo che non c’è più. Se io faccio una proposta del governo ombra l’indomani trovo tre righe sul giornale, ma se in quello stesso contesto dico una cosa sulle vicende interne al Pd o contro Berlusconi, avrò nove colonne».

Il referendum sul testamento biologico proposto da Marino?«A me convince una legge che garantisca a un cittadino la possibilità di decidere, attraverso il testamento biologico, sulla fine della propria vita. L’ipotesi del referendum, al momento, può valere in sostanza come forma di pressione. Ma è una buona legge che noi oggi vogliamo».

Nel Pd c’è qualcuno che pensa che si stava meglio quando si stava peggio, che sarebbe meglio una separazione consensuale?
«No, non c’è militante del Pd che pensi una fesseria come questa. Il Pd è un partito del 34%, ma essendo la prima volta che raggiunge queste cifre, fa fatica ad abituarsi. Spesso viene strattonato da una parte e dall’altra, ma se cedesse alla tentazione di rientrare ai porti di partenza, tornerebbe a essere un partito del 16 e del 9 per cento. Certo, se il Pd l’avessimo fatto con Prodi tra il ’96 e il ’98, la storia italiana sarebbe stata diversa: non avremmo avuto il ciclo berlusconiano. In quel passaggio si è compiuto un errore tragico».

Prodi ormai lontano e Parisi emarginato: che Pd è?«Le osservazioni di Parisi le guardo sempre con attenzione. Lui è portato più a destrutturare che a costruire, però è un uomo intelligente e politicamente molto onesto. Io e lui vogliamo da anni la stessa cosa, il partito dell’Ulivo che per me dovrà essere sempre più il Pd».

Il suo vice Franceschini sostiene che la sfida di Bersani è partita troppo presto? Perché?«Valgono le motivazioni indicate da Franceschini».

Non le pare consolatoria l’idea che il calo di consensi attorno al Pd sia l’effetto delle divisioni interne?«Per farle un esempio: è come se i dirigenti della Coca-Cola dicessero che il gusto della bibita non è granché. Lo capisce chiunque che l’effetto promozionale è capovolto».

Se le sue figlie le chiedessero se sarà lei a guidare la rivincita progressista nel 2013, cosa risponderebbe?
Veltroni ride: «Lei usa delle creature, per i suoi fini! Questa è la mia risposta!».