«Non si riforma a suon di bacchettate, serve confronto»
De Torre (PD): «I decreti del Governo confermano visione di una scuola piegata al volere dell'economia»
«Dai decreti attuativi emerge una visione paurosamente riduttiva di una scuola pragmatica e funzionale all’economia, che si limita all'addestramento di tecnici e classe dirigente, che abbandona l’Istruzione professionale in una logica assurda per cui chi si prepara ad un lavoro non ha abbastanza dignità per stare dentro questa ‘prima riforma organica dopo la riforma Gentile del 1923' come ha dichiarato il ministro Gelmini».
Lo dichiara la deputata del Pd, componente della VII commissione di Montecitorio, Letizia De Torre, che si domanda, «perché la riforma della Moratti non era organica? E quella di Berlinguer neppure? E lo straordinario lavoro di Franca Falcucci neppure era organico? In effetti - sottolinea - sì si sta ritornando al clima in cui è maturata la riforma di Gentile. Una bacchettata a tutti per mettere in riga i docenti, gli studenti, i bidelli, e la scuola sarà magicamente perfetta. Un altro orologio è tornato indietro: dell’idea di autonomia e federalismo non è rimasta neppure l’ombra».
«Questa scuola Tremonti/Gelmini è centralista come, appunto, lo era nel 1923. L’autonomia delle Istituzioni scolastiche (Ministro Bassanini nel 1997) è svanita. E sì, perché sarebbero le singole Scuole che dovrebbero organizzare curricolo, orario e docenti. Ignorato anche il Titolo V della Costituzione secondo il quale le Regioni e le Province e i Comuni hanno un ruolo da svolgere per le proprie scuole. Se rimarrà ancora qualcosa del federalismo per cui si spende Bossi, riguardo la scuola l’unica cosa reale saranno i livelli minimi «in vista di una generalizzazione»: scuola materna solo al mattino, 24 ore alle elementari, laboratori «veri e propri centri di innovazione attraverso la costruzione di dipartimenti di ricerca» in cui un docente porterà 33 alunni da solo senza tecnico specializzato. Venerdì scorso ad una associazione di dirigenti scolastici il Ministro Gelmini aveva giurato che non sarebbe tornata indietro su nulla. Ed eccoci serviti - conclude - una scuola di ghiaccio, senza l’anima della comunità a cui ogni scuola appartiene».
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