Continua la protesta anti-Gelmini
E adesso il nuovo decreto rischia di umiliare il Sud
L’Onda degli studenti non si placa. Da Milano a Roma, Da Torino a Palermo: il movimento che vuole dire no ai tagli della riforma della scuola è tutt’altro che tramontato. Nemmeno la tardiva e timida apertura del ministro Gelmini, con il decreto su università e ricerca varato ieri, è servita a calmare la protesta pacifica.
Questa volta, però, accanto alle cronache che raccontano delle piazze piene e colorate, ci sono anche i resoconti di fatti critici e preoccupanti. L’ultimo è quello accaduto nella capitale, dove alcuni giovani che hanno cercato di bloccare la stazione della metropolitana, sono stati caricati dalle forze dell'ordine. Il bilancio è di uno studente ferito più alcuni contusi.
Lo scontro è avvenuto dopo che il corteo partito dall'Università la Sapienza, e in cui è poi confluito quello promosso dagli studenti medi partito dalla stazione Termini e quello partito dall’Università Roma Tre, aveva raggiunto zona Piramide dopo aver scartato la possibilità di continuare verso il ministero dell’Istruzione.
Situazione diversa, e più distesa, a Milano dove le lezioni in piazza hanno sostituito i cortei che avevano affollato le strade in mattinata. La dozzina di corsi tenuti dai docenti di ruolo e da precari, soprattutto dell'Accademia di Belle Arti di Brera, organizzati sempre in piazza del Duomo a partire dal primo pomeriggio sono stati, così come nei giorni scorsi, molto partecipati.
A Torino, al Politecnico, dove era in programma l'inaugurazione dell'anno accademico, i collettivi universitari hanno organizzato una 'ControInagurazione', cioè, spiagano, «un momento d'incontro nel quale docenti, intellettuali ed artisti si sono potuti incontrare e dare un contributo propositivo alla nostra lotta, contro gli articoli 16 e 66 della Legge 133 che prevedono pesanti tagli al Fondo di finanziamento ordinario, nuovi vincoli posti alle assunzioni di personale docente e la possibilità di trasformare le Università pubbliche in fondazioni».
Corteo di studenti delle scuole medie superiori e degli universitari anche a Napoli, Pisa, Macerata, Cagliari, Messina e Palermo. Moltissimi istituti superiori, infine, hanno continuato ad essere in mobilitazione, con occupazioni, autogestioni e lezioni in piazza: per il 17 novembre - storicamente la data di mobilitazione internazionale degli studenti - l'Unione degli studenti (UdS) lancerà con lo slogan 'Io voglio sapere' una settimana di agitazioni nelle scuole 'per costruire dal basso una scuola ed una società diverse'.
A nutrire dubbi sulle reali intenzioni del governo non sono solo gli studenti. Anche il Partito Democratico vede con giustificata diffidenza le aperture del ministro Gelmini. «Per quale motivo- si domanda Pina Picierno, ministro ombra del Politiche giovanili - sono stati respinti tutti gli emendamenti presentati dal Pd per promuovere il diritto allo studio? Sarebbe bastato recepirli per tener fede alle promesse fatte». Insomma, l’esponente PD teme che tra le presunte aperture del ministro dell’Istruzione e la realtà la distanza aumenti ora dopo ora.
Pesante, all'indomani del varo del decreto su università e ricerca, è infatti anche il giudizio della Flc Ggil. Secondo Domenico Pantaleo, Segretario Generale dell’organizzazione sindacale, «il decreto su università e ricerca varato dal Consiglio dei ministri, stando al testo attualmente noto, non incide sui punti di sofferenza prodotti dai provvedimenti di governo: non modifica nella sostanza la legge 133, né per quanto riguarda i tagli ai finanziamenti, né sul tema della trasformazione delle Università in Fondazioni». Non solo, spiega il segretario, la previsione di un allentamento del blocco del turn-over della docenza, che nel decreto passa dal 20 al 50% non avrà effetti concreti, perché da tale misura sono esclusi tutti gli Atenei che hanno già una spesa di personale oltre il 90% del finanziamento, per i quali il blocco del reclutamento è totale; «ma, per effetto dei tagli disastrosi, che restano, ben presto la quasi totalità degli Atenei sarà nelle medesime condizioni».
Per non parlare poi della decisione del governo di usare le risorse del Fas (Fondi per le aree sottoutilizzate) per coprire i buchi contenuti nel decreto Università. Una decisione, spiega Rosa Vilecco Calipari, «che penalizza, come è prassi di questo governo, le aree più deboli del Paese» e, continua la parlamentare PD, come al solito è il Sud a diventare «il bancomat» preferito dell’esecutivo.
Sergio D'Antoni, responsabile Mezzogiorno del governo ombra, continua sulla stessa linea della collega: «È certamente cosa giusta non tagliare i finanziamenti all'università, ma non si possono distribuire su tutto il territorio nazionale soldi stanziati per gli investimenti produttivi del Mezzogiorno. A pagarne il prezzo sarebbero proprio gli atenei del sud, che si troverebbero a dividere risorse con quelli ricchi del centro-nord».
«Se il Fas dovesse essere nuovamente intaccato, sarebbe l'ennesima beffa ai danni del Mezzogiorno che ha già pagato l'abolizione dell'Ici sulle case di lusso e i debiti di un paio di amministrazioni amiche del governo. Quanto andrà avanti ancora – conclude D’Antoni – la devastante politica antimeridionalista di questo esecutivo?»
G.R.
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