28 agosto 2025
Aggiornato 09:00
Presidenziali USA

L'uragano blocca la Convention Repubblicana

Gustav si impone sull'agenda della strategia repubblicana

Per John Mccain ci mancava solo l’avvicinamento minaccioso dell’uragano Gustav verso New Orleans a condire questa fase della campagna elettorale americana, dopo la convention democratica di Denver. Perché sarà pure fisiologico, ma il balzo in avanti di Obama c’è stato e preoccupa i Repubblicani. Secondo i sondaggi infatti il candidato democratico avrebbe guadagnato tra i 3 e 4 punti percentuali, sull’avversario, ora a 8 punti di distanza.

Mccain sperava nel colpo ad effetto prima della Convention di St. Paul, annunciando nel giorno del suo compleanno (29 agosto) Sarah Palin come candidata per la vicepresidenza. Figura nuova del partito repubblicano, capace di intercettare il voto femminile e della destra religiosa, emblema di quella parte dell’America costruita sui valori della famiglia e dell’ordine, questa donna giovane, bella, atletica, amante delle armi, antiabortista, nonché moglie devota e madre di 5 figli vuole rappresentare il cambiamento all’interno del partito repubblicano. Tanto successo e tante qualità da far passare in secondo piano l’inesperienza di questa mamma dell’Alaska, che in caso di vittoria repubblicana e «defezione» di Mccain diventerebbe la prima presidentessa donna ultrareligiosa degli Stati Uniti.

Eppure l’effetto di Sarah «Barracuda» sembra essersi sgonfiato perché in questi giorni è soprattutto di «lui» che si parla. Casualmente battezzato con il maschile «Gustav» dagli esperti del WMO, l’organizzazione meteorologica mondiale, l’uragano potrebbe giocare un assai poco galante tiro mancino alla signora Palin e all’intero partito togliendo attenzione alla Convention repubblicana nella campagna elettorale più mediaticizzata della storia.

Proprio per colpa di Gustav l’inizio della Convention è stato rinviato e la nave repubblicana viaggia da sola in mezzo alla tempesta senza i comandanti. Da Bush a Laura, dal governatore della California Schwarzenegger al vicepresidente Cheney sono tutti al proprio posto di lavoro perché fare festa nel Minnesota mentre New Orleans è una città deserta e sotto coprifuoco non sarebbe elegante. John Mccain non ci ha messo molto a capirlo. Dopotutto ripetere in piena campagna elettorale gli errori di Bush nel fronteggiare l’emergenza dell’uragano Katrina si sarebbe rivelato un suicidio politico, dopo che nel 2005 George & John erano insieme a festeggiare il compleanno dell’allora 69enne candidato repubblicano, mentre la Louisiana veniva sommersa dal ciclone. Meglio allora, per ora, rinunciare a lustrini, sottobicchieri e fuochi d’artificio.

La Convention dunque si farà, ma sottotono e solo per formalizzare la nomination tra i delegati, senza che il candidato sia presente, salvo cambiamenti. Come i governatori repubblicani anche John Mccain si è infatti messo subito al lavoro ed è volato in Mississippi con la Palin e la moglie Cindy per affrontare in loco, quasi da solo, l’uragano. Per dimostrare di saper rispondere alle emergenze con fatti e risultati, senza inseguire Barack Obama sul suo terreno, quello dei sogni e del cambiamento.

Dopotutto è stato chiaro fin dall’inizio della campagna elettorale che inseguire Obama sulla strada del sogno e del cambiamento non solo non è conveniente ma non si addice a Mccain e allo stile repubblicano. Troppe poi le differenze personali tra i due candidati. Obama rappresenta il futuro, è giovane e vuole ridisegnare l’America e il mondo. Mccain ha la sua storia e vuole vincere le elezioni dimostrando la propria esperienza come comandante in capo, rispondendo ai fatti con i fatti e cercando di sfruttare l’attenzione mediatica dedicata all’uragano tropicale. Ma a mancare al ticket Mccain – Palin, oltre all’attenzione dei media, è un programma di ampio respiro, non sui temi caldi della campagna come l’occupazione dell’Iraq, bensì sui grandi temi che riguardano sia gli USA che il resto del mondo, come l’equilibrio economico mondiale, l’assistenza alle classi più disagiate, le emergenze climatiche e i diritti civili.

Ovviamente la campagna elettorale non può dirsi conclusa. La strada fino al voto del 4 novembre è ancora lunga e non mancheranno i colpi bassi. Barack Obama gode di un grande sostegno nella popolazione e questo lo rende il candidato favorito. Ma al di là del coinvolgimento emotivo che il candidato democratico riesce a suscitare, Obama sarà costretto in questa campagna a proporre soluzioni concrete ai problemi economici e sociali del paese per conquistare anche l’America rurale, colonna del paese. Per ora, in attesa della conclusione della Convention repubblicana si scommette su chi influirà maggiormente sui sondaggi. Sarà «Barracuda» Palin o «Hurricane» Gustav?

E.V.