Oridnanza ministeriale ripristina richiami vivi
LAV contraria: «elevato valore ambientale delle zone umide richiederebbe divieto caccia»
«Il ripristino dell’uso dei richiami vivi nelle zone umide, sottoscritto dal sottosegretario Martini, è un favore che i cacciatori ricambieranno con lo sversamento di migliaia di tonnellate di piombo nelle aree più delicate dell’ecosistema». Con questo commento la LAV censura senza appello il provvedimento che ha annullato il decreto che imponeva il divieto dell’utilizzo dei richiami vivi nelle zone umide a causa del rischio aviaria.
«Più che un provvedimento di carattere sanitario, la sensazione è che il sottosegretario Martini abbia voluto rispondere, con questo atto, alle pressioni del mondo venatorio», prosegue la LAV.
Con il pretesto delle tradizioni venatorie, che se cessassero da oggi sarebbero rimpiante da un’esigua minoranza di italiani, è stata invece ripristinata la possibilità di andare a caccia nelle zone umide. Così da settembre prossimo migliaia di cacciatori invaderanno territori di elevatissimo pregio naturalistico, abbattendo centinaia di migliaia di uccelli migratori in fase di rientro verso le zone più temperate.
«Il sanguinario passatempo dei cacciatori - ricorda Massimo Vitturi, responsabile LAV settore caccia e fauna selvatica - comporterà anche un serio inquinamento da piombo delle acque. Le stesse acque – quali quelle del delta del Po – in cui lo scorso autunno si è verificata una gravissima moria di fenicotteri, conseguente all’ingestione dei pallini da caccia che giacciono sul fondo delle zone umide».
Proprio in virtù della particolarità e dell’elevato valore ambientale delle zone umide del nostro Paese, la caccia in quei luoghi dovrebbe essere vietata. Solo con un provvedimento del genere il Governo attualmente in carica chiarirebbe che la sua priorità consiste nel garantire un futuro ai nostri figli e non le tanto millantate quanto irrilevanti «tradizioni» venatorie.