25 aprile 2024
Aggiornato 06:00
cyber security

Information Security, il mercato italiano vale oltre un miliardo

Il 78% della spesa si concentra fra le grandi imprese, trainata dai progetti di adeguamento al GDPR e dalle componenti più tradizionali della cyber security

Information Security, il mercato italiano vale oltre un miliardo
Information Security, il mercato italiano vale oltre un miliardo Foto: Shutterstock

MILANO – Nel 2017 il cyber crime è aumentato in modo incessante e progressivo, con attacchi sempre più frequenti, aggressivi e sofisticati, ma sono cresciute anche l’attenzione delle imprese alla cyber security e le risorse stanziate per prevenire gli attacchi. Il mercato delle soluzioni di information security in Italia raggiunge un valore di 1,09 miliardi di euro, in crescita del 12% rispetto al 2016. La spesa si concentra prevalentemente fra le grandi imprese (il 78% del totale), trainata dai progetti di adeguamento al General Data Protection Regulation (GDPR), che contribuiscono ad oltre metà della crescita registrata.

Sono alcuni dei risultati della ricerca dell'Osservatorio Information Security & Privacy della School of Management del Politecnico di Milano*, presentata questa mattina al convegno «GDPR e Security: un percorso impervio… a trazione integrale». La ricerca è stata realizzata attraverso una survey a 1107 CISO, CSO e CIO di imprese italiane, un’indagine ad hoc ai Risk Manager e Chief Risk Officer di 106 organizzazioni italiane e un’ulteriore indagine su 313 professionisti del settore sul tema data protection.

Verso il GDPR
In oltre un’impresa italiana su due (il 51%), è in corso un progetto strutturato di adeguamento alla nuova regolamentazione UE in materia di trattamento dei dati personali che diventerà pienamente applicabile a partire dal 25 maggio 2018 (erano appena il 9% un anno fa) e un altro 34% sta analizzando nel dettaglio requisiti e piani di attuazione.  Soltanto l’8% delle imprese, infatti, dichiara una scarsa conoscenza delle implicazioni (contro il 23% di un anno fa), mentre sale dal 9% del 2016 al 51% attuale il numero di aziende in cui è già in corso un progetto strutturato di adeguamento al GDPR. Contemporaneamente, cresce al 58% (rispetto al 15% di un anno fa) la percentuale di aziende che hanno già un budget dedicato all’adeguamento al GDPR.

Gestione della sicurezza
Insieme al mercato cresce la consapevolezza della necessità di un approccio di lungo periodo nella gestione della sicurezza: nel 50% delle imprese è in corso un piano di investimenti pluriennale, anche se ben il 21% dichiara di stanziare un budget in sicurezza solo in caso di necessità. E si definiscono i ruoli nelle organizzazioni: il 39% delle imprese sta inserendo in organico nuovi profili che si occupano di security e il 49% di privacy. Aumentano responsabilità e competenze richieste al Chief Information Security Officer ed emergono figure emergenti come il Security Administrator, il Security Architect, il Security Engineer e il Security Analyst. Il 28% delle imprese ha già in organico o collabora con un Data Protection Officer con il compito di facilitare il rispetto del GDPR.

Le assicurazioni del rischio cyber
Il mercato dell’assicurazione del rischio cyber oggi prevede svariate possibilità di copertura riguardanti la perdita o la divulgazione di dati personali e sensibili, la compromissione del sistema informativo e la sua interruzione di servizio, che possono tutelare danni causati a terzi o all’azienda stessa. «Il 27% delle imprese ha sottoscritto una polizza nel 2017, un numero ancora limitato ma in decisa crescita rispetto al 15% del 2016 – commenta Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Information Security & Privacy del Politecnico di Milano -. Il 15% delle imprese opta per polizze che trasferiscono il rischio cyber e il 12% sceglie assicurazioni che lo coprono parzialmente. Il 35% del campione si trova in fase di valutazione, il 27% è informato della possibilità ma non ha intenzione di farvi ricorso, mentre l’11% non ne conosce l’esistenza. Il mercato delle assicurazioni del rischio cyber è ancora embrionale in Italia, ma ci aspettiamo cresca in modo consistente nei prossimi anni».

Il CISO e i nuovi ruoli emergenti
A dimostrazione della crescente attenzione all’information security, le aziende si stanno attrezzando per potenziare i team dedicati alla gestione della sicurezza. Quattro grandi imprese su dieci (39%) prevedono un aumento in organico dei ruoli che gestiscono la cyber security e quasi la metà afferma che incrementerà il numero di figure preposte alla gestione della privacy (49%), mentre soltanto rispettivamente il 2% e l’1% prevede una diminuzione del personale dedicato a queste funzioni.

In questo contesto, aumentano le responsabilità e le competenze richieste al Chief Information Security Officer (CISO), figura che alle competenze tecnologiche e organizzative deve affiancare conoscenza di business, capacità relazionali e abilità nel gestire un team. Accanto al CISO, emergono altre figure con ruoli specialistici. Tra i più diffusi spicca il Security Administrator, già inserito o in fase di valutazione nel 76% del campione analizzato, che si occupa di rendere operative le soluzioni tecnologiche di security, seguito dal Security Architect (57%), che si occupa di verificare le soluzioni di security presenti in azienda, e il Security Engineer (56%), che monitora i sistemi e suggerisce modalità di risposta agli incidenti. Le altre figure emergenti sono il Security Analyst (55%), che analizza le potenziali vulnerabilità di sistemi, reti e applicativi aziendali, l’Ethical Hacker (39%), che ha il compito di testare l’effettiva vulnerabilità dei sistemi aziendali, il Security Developer (28%), che si occupa di sviluppare soluzioni di security, e il Machine Learning Specialist (19%), che predispone e controlla strumenti di sicurezza in grado di trattare in tempo reale possibili minacce in modo automatico e cognitivo.

Restringendo il campo all’ambito privacy, cresce l’importanza del Data Protection Officer (DPO), che ha il compito di facilitare il rispetto da parte delle organizzazioni delle disposizioni del GDPR. Complessivamente, il 28% del campione ha inserito in organico o collabora con un DPO: nel 15% delle imprese la figura risulta formalizzata, nel 10% è una presenza informale e nel 3% questa funzione viene delegata a una persona esterna. Migliorano invece le prospettive di inserimento di questa figura: il 57% del campione dichiara di voler introdurre un DPO in azienda nel prossimo futuro (era il 31% nel 2016) e soltanto il 15% afferma di non prevederne l’inserimento.

La data protection nelle imprese
Il sondaggio sulla percezione della data protection nelle imprese italiane rivela che per tre professionisti del settore su quattro (74%) il tema è rilevante o fondamentale per l’organizzazione in cui lavorano. L’elevato interesse si scontra però con l’ancora alto numero di aziende, 39%, che non ha in organico risorse dedicate. Una percentuale analoga, il 40%, ha del personale dedicato, mentre il 28% si affida consulenti esterni. Nonostante il personale interno alle aziende sembri ancora numericamente inadeguato, ben il 75% dei professionisti dichiara che la propria organizzazione sta adottando le soluzioni necessarie per gestire gli aspetti di data protection. Le principali sfide individuate dal campione sono la sensibilizzazione del personale (67%), la scelta di un corretto modello di gestione della data protection (64%), l’applicazione della regolamentazione (53%), l’integrazione della documentazione relativa alla privacy (40%) e l’identificazione delle risorse dedicate (39%). Oltre alle azioni già intraprese, il 68% delle imprese manifesta l’intenzione di aumentare gli investimenti in data protection. Secondo i professionisti, gli interventi su cui le aziende dovrebbero concentrarsi sono la formazione del personale (51%), la definizione di ruoli e responsabilità specifiche (44%) e la creazione di un team dedicato (36%).