Home resaturant, i pro e i contro della legge
Cristiano Rigon di Gnammo ci spiega nel dettaglio cosa cambia con la nuova normativa, quali sono i vantaggi e quali sono invece i limiti
MILANO - Solo nel 2014 ha fatturato in Italia 7,2 milioni euro. E’ il fenomeno dell’home restaurant che oggi conta nel Belpaese oltre 7mila cuochi social attivi, oltre 37mila eventi andati a buon fine con una partecipazione che supera le 300mila persone. Quello che si fa nella pratica? Riunirsi attorno a un tavolo mentre un cuoco prepara le sue prelibatezze, mettendo a disposizione degli utenti - che fanno parte di una community - le sue abilità culinarie. Gli eventi si possono svolgere in location prescelte, oppure direttamente a casa del cuoco.
La legge sull’home restaurant
Una pratica innovativa, un nuovo modello di business e di reinventarsi un mestiere e, perché no, di far rincontrare le persone attraverso l’uso della tecnologia. Un modello di business che ha sollevato un polverone soprattutto da parte dei ristoratori tradizionali e che ha portato alla redazione di una legge, pronta ad approdare alla Camera, referendum permettendo. Ma questa legge, cosa dice in sostanza? Lo abbiamo chiesto a Cristiano Rigon, fondatore di Gnammo, la piattaforma leader dell’home restaurant che ha partecipato egli stesso alla costruzione del testo. «Questa legge è senza dubbio positiva anche solo per il fatto che traccia finalmente un binario concreto alla pratica dell’home restaurant - ci dice Cristiano -. Sicuramente ora possono dire ai ‘miei’ cuochi che si può fare e che non è illegale. Forse sarebbe stato più opportuno normare prima la sharing economy e poi preoccuparsi dei settori verticali. Ma è sicuramente un passo avanti per far capire che qui nessuno lavora in nero».
VIDEO - Cosa succede alle cene Gnammo »
La legge si compone di alcuni parametri che ci siamo fatti spiegare nel dettaglio da Cristiano:
- massimo di 500 pasti l’anno e 5mila euro per cuoco: «In questo caso la questione è dibattuta perché i 5mila euro dovrebbero essere di utile e non considerati come compenso. Nel caso di utile, infatti, l’attività svolta dai ‘miei’ cuochi rientrerebbe già nella normativa del lavoro autonomo occasionale. Sono d’accordo ai 5mila ero annuali come tetto massimo, ma sempre che si tratti di utile e non di compenso, come invece scrive il testo normativo. Del resto attività come Gnammo debbono essere degli aiuti a un reddito e non trasformarsi necessariamente in un lavoro».
- chi apre un home restaurant è tenuto a presentare la cosiddetta "Scia", ossia la dichiarazione di inizio attività commerciale, pena il pagamento di una multa che va dai 2500 ai 15mila euro: «La Scia prevede l’inizio di un’attività commerciale, ma nel caso di Gnammo non si può dire che lo sia. Inoltre la Scia viene gestita in modo diverso a seconda dei Comuni ognuno dei quali ha un proprio protocollo. Non sono molto d’accordo perché questo rischia di diventare una grossa barriera d’ingresso, oltre a rendere molto più complicato l’aspetto burocratico. Di fatto l’home restaurant è un’innovazione di processo e io non posso ritornare a dovermi interfacciare con un’amministrazione comunale con un fax o addirittura fisicamente. Sarei d’accordo se il processo burocratico fosse digitalizzato e se il legislatore ci fornisse una piattaforma web dove insieme i dati. In questo modo è solo un blocco».
- le piattaforme digitali dovranno verificare i requisiti minimi di abitabilità delle case e una minima conoscenza da parte dei cuochi delle modalità di trattamento dei cibi: «Questo è un punto che mi piace particolarmente perché prima di tutto permette di ridurre gli episodi di intossicazione domestica che in Italia corrispondono al 70% del totale, quando si parla di intossicazioni alimentari. Inoltre, come Gnammo, ci stiamo già preparando per realizzare dei corsi di formazione HACCP online per i nostri cuochi, in modo tale che abbiano le conoscenze giuste prima di esercitare l’attività. Questo paletto va a risolvere, in buona parte, anche la questione delle norme igieniche e dei mancati controlli da parte delle autorità».
Nuove occasioni di incontro
Se da una parte questa legge risulta essere un passo avanti perché rende legale una pratica consolidatasi ormai in molte abitazioni d’Italia, che in molti hanno considerato illegale, forse ancora molti passi devono essere compiuti per rendere il testo normativo chiaro e trasparente. «Gli auspici sono buoni - conclude Cristiano -. Speriamo che anche coloro che criticano queste piattaforme innovative possano presto ricredersi. Per il resto le cene Gnammo restano una buona occasione di riscoprire i rapporti sociali, anche grazie alla tecnologia».
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