19 aprile 2024
Aggiornato 17:30
Immigrazione

Barcone affonda al largo della Libia: tra i cento dispersi anche 3 neonati

La rabbia della Ong: «Salvare vite non è un crimine. Tragedia evitabile». L'Unhcr Libya: «Hanno nuotato per un'ora»

Migranti in uno dei centri di accoglienza libici per la lotta contro l'immigrazione clandestina
Migranti in uno dei centri di accoglienza libici per la lotta contro l'immigrazione clandestina Foto: ANSA/ZUHAIR ABUSREWIL ANSA

LIBIA - Potevano essere salvate. Questa la sensazione, quasi una certezza, secondo i responsabili dell'Unhcr Libya che, in un tweet, si sono detti «rattristati per la perdita di 100 vite oggi a largo delle coste della Libia, a Tajoura». Nella tragedia sono morti anche 3 neonati e trenta donne. Le vittime «sono decedute dopo aver nuotato per un'ora prima di essere soccorse» hanno spiegato dall'Unhcr, il cui team ha supportato dopo lo sbarco 16 sopravvissuti, fornendo assistenza medica e umanitaria. Era circa 120 le persone a bordo di un gommone al momento del naufragio, avvenuto a sei chilometri dalla costa libica, stando a quanto hanno riferito alla France presse i sopravvissuti, trasferiti nella regione di Al-Hmidiya, 25 chilometri a Est di Tripoli. 

La tragedia libica
L'imbarcazione era partita all'alba dalla città di Garabulli, situata circa 50 chilometri a Est di Tripoli, stando al racconto dei sopravvissuti. Qualche ora dopo la partenza, sul natante c'è stata un'esplosione e il motore ha preso fuoco; la barca ha iniziato a imbarcare acqua e i migranti hanno cercato di aggrapparsi in parte al natante, in parte alle taniche di carburante cadute in acqua. Secondo la guardia costiera, i migranti sono stati avvistati da alcuni pescatori che hanno lanciato l'allarme. I testimoni hanno detto che a bordo c'erano molte famiglie marocchine e cittadini yemeniti. 

La rabbia delle Ong
Dopo la tragedia, Medici Senza Frontiere è tornata a chiedere all'Europa di «ritrovare il buon senso e mettere fine alle politiche che costringono le persone a rimanere intrappolate in Libia o a morire in mare». Un appello lanciato in occasione del Consiglio europeo e alla fine di una settimana tragica, durante la quale 220 persone sono morte annegate, il maggior numero di vittime nel Mediterraneo dall'inizio dell'anno. «Tutte tragedie evitabili - sottolinea Msf - i governi europei hanno bloccato le operazioni di ricerca e soccorso in mare delle ONG, consegnando la responsabilità dei soccorsi alla Guardia costiera libica». Per Msf «salvare vite in mare non è un crimine, ma il messaggio che viene dai governi europei è forte e chiaro: l'assistenza umanitaria non è benvenuta».