19 aprile 2024
Aggiornato 05:00
Relazioni internazionali

Vertice Putin-Trump: come ai tempi di Reagan e Gorbaciov, storia degli incontri che hanno fatto la storia

Trump apre al presidente russo, che un po' snobba l'incontro e chiede che non sia solo una passerella

WASHINGTON - Il giorno dopo la finale dei Mondiali, che si svolgerà a Mosca il 15 luglio prossimo, un supervertice tra Vladimir Putin e Donald Trump avrà luogo a Helsinki. Questo l'accordo raggiunto a Mosca tra John Bolton e Vladimir Putin. La storia dei vertici Usa-Russia è antica: i più celebri, nonché storici, furono quelli che coinvolsero Ronald Reagan e Michael Gorbaciov quando ancora esisteva l'Unione Sovietica: l'inizio della Glasnost, l'epoca della trasparenza e del cambiamento, portò ad una serie di incontri dai tratti a volte surreali. Non sempre fondati su veri punti programmatici, bensì sul piano propagandistico.

I vertici nella storia
La sfida non era solo tra i due capi di Stato, ma tra le due signore, Nancy Reagan e Raissa Gorbaciova – che la stampa del tempo dipingeva come acerrime nemiche, mentre i mariti giocavano a fare gli amiconi – tra due modelli di vita opposti: per ovvie ragioni, il segretrario sovietico uscì demolito dal confronto e questo contribuì non poco al crollo dell'impero fondato nel 1917. Una sfida combattuta a colpi di bagni di folla, rotture – come quella di Reykjavik nel 1985 – e riaperture per dimostrare al mondo che il mondo stava realmente cambiando. Vinse, anzi stravinse, Reagan e l'american way of life, e pochi anni dopo la prima stretta di mano il McDonald's più grande della terra apriva sulla piazza Rossa e migliaia di russi post sovietici si mettevano in coda per mangiare un hamburger.

Conflitto aperto
Nel tempo i vertici russo-statunitensi hanno perduto il loro valore, toccando il punto più basso durante la presidenza Eltsin. Uomo sopra le righe, chiaramente manipolato da Washington, l'ex presidente della Duma di Mosca amava affiancarsi a Bill Clinton con fare istrionico, spesso alterato dall'alcool. Eltsin era nelle mani di Clinton e dei generali della Nato, e con lui l'intera Russia, relegata a stato vassallo, depredata perfino dei suoi codici nucleari. I rapporti di forza cambiano con l'arrivo di Putin: che dimostra sincera amicizia agli Usa all'inizio del suo mandato: si pensi al dialogo con George Bush dopo l'undici settembre, nonché al celeberrimo incontro nel ranch texano del presidente Usa. Ma il rapporto Usa-Russia si deteriora nel tempo, a partire alla crisi Ucraina del 2005-2006, quando un colpo di stato, anche chiamata «Rivoluzione colorata» - altera gli equilibri politici portando al potere Victor Juscenko, rappresentante del nuovo potere anti russo. Ancora peggio nel 2008 a seguito dell'ennesimo tentativo di rivoluzione colorata in Georgia, portato avanti dal presidente Saakashvili che richiede di entrare a far parte della Nato: le colonne di carri armati russi si fermeranno a sessanta chilometri da Tiblisi.

La svolta di Putin «il Grande»
Barack Obama deve ancora arrivare ma il solco tra Usa e Russia si sta allargando: il presidente russo Putin, almeno dalla crisi ucraina del 2005, ha deciso di far recuperare alla Russia un ruolo di potere sullo scacchiere globale. Operazione mal vista oltre Atlantico, dove si erano ormai abituati al vassallo russo. I vertici proseguono, Putin ha incontrato quattro presidenti statunitensi, e diventano burrascosi con Barack Obama: il quale, a dispetto del Nobel per la pace, circonda la Russia in Europa, convinto che Putin rappresenti una minaccia alla pace globale. Barack Obama incontra per la prima volta Vladimir Putin solo nel settembre del 2015, ad appena due anni del termine del suo doppio mandato: dopo il varo delle sanzioni i due discutono di Ucraina e Siria. Pochi giorni dopo, la Russia entra in guerra in Siria a fianco del presidente Bashar al-Assad, a cui fornisce appoggio aereo. E' il punto più basso delle relazioni russo-statunitensi dai tempi di Reagan e Gorbaciov, che trova il suo culmine durante la campagna elettorale Usa in cui irrompe il cosiddetto Russiagate, fomentato da Hillary Clinton e dal partito democratico.

Nuovo corso?
Ma il nuovo corso di Donald Trump punta a recuperare un rapporto sereno con la Russia, mentre con l'Europa i rapporti sono sempre più tempestosi. Putin, uomo pratico, vuole far spostare le testate nucleari che circondano la Russia: e questo chiederà all'omologo statunitense. Niente manfrine e pacche sulle spalle quindi, ma solidi accordi come quelli che portarono alla pace tra Reagan e Gorbaciov. Ma la ricomposizione dei cocci potrebbe essere decisamente complessa, nonché il raggiungimento dei «risultati concreti» chiesti perentoriamente da Putin. In primis per il boicottaggio, esplicito, ai fianchi che il Partito Democratico impone a Trump in prospettiva delle elezioni di medio termine e che, secondo i sondaggi, potrebbero dare risultati negativi per il presidente. Putin, peraltro, non ha fatto mistero delle difficoltà: «Le devo dire con rammarico che le relazioni russo-americane non sono nel loro momento migliore. E le ripeto quello che ho già detto pubblicamente più di una volta: penso ciò sia in gran parte la conseguenza di una lotta politica interna negli Usa molto acuta». Ha chiesto quindi al suo interlocutore «di cercare strade perché tali ostacoli vengano rimossi».

Donbass e North Stream
Bolton e Putin hanno parlato prettamente di Ucraina senza raggiungere alcun accordo. Putin avrebbe invitato gli Usa a entrare a far parte del «Formato Normandia» in modo da «rimuovere gli ostacoli al dialogo» ma Washington non sembra propensa per il momento a farsi risucchiare in una trattativa sul Donbass. Che di fatto, però, porrebbe la parola fine alla guerra. Sul piatto anche il North Stream, il gasdotto boicottato dagli Usa che di fatto è la vera ragione dell'esplosione del Medio Oriente.