25 aprile 2024
Aggiornato 01:30
Le valutazioni delle ong sono così imparziali?

Amnesty attacca Trump e i «populisti». Ma a finanziare l'ong c'è pure Soros...

La difesa dei diritti umani è un impegno sacrosanto, ma qualche volta chi se ne fa portavoce usa due pesi e due misure...

Il presidente Usa Donald Trump.
Il presidente Usa Donald Trump. Foto: Shutterstock

ROMA - I famigerati «populisti» aggiungono un nome nella lunga lista dei propri «nemici»: Amnesty International. L'organizzazione non governativa che si occupa di cooperazione internazionale ha infatti duramente attaccato gli esponenti dei nuovi movimenti nazionalisti occidentali nel proprio rapporto annuale, che si propone di analizzare lo stato dei diritti umani nel mondo. E, a suo avviso, la diffusione del populismo potrebbe un impatto negativo su quel tema tanto delicato e controverso. 

Retorica dell'odio
Amnesty non usa mezzi termini: parla di «uso cinico del 'noi' contro 'loro'», di «retorica dell'odio» e di «paura». Il paragone storico è severo: gli anni '30 del secolo scorso, periodo, cioè, dell'ascesa del fascismo e del nazismo. Il Segretario Generale di Amnesty Sail Shetty ha quindi proposto un'analisi apocalittica: «Un nuovo ordine mondiale dove i diritti umani sono dipinti come barriera per gli interessi nazionali lascia la porta aperta alle reminescenze di violenze dei periodi più bui dell’umanità».

Retorica incendiaria
Tra i responsabili di questa escalation di diffidenza e di tale arretramento dei diritti, Amnesty individua come responsabili alcuni leader mondiali che si sono distinti per la propria retorica «incendiaria»: Donald Trump, ovviamente, ma anche Recep Tayyp Erdogan - il sultano turco che da dopo il colpo di stato di luglio ha messo in pratica una durissima repressione nei confronti dei propri oppositori politici -, Viktor Orban - il premier ungherese «euroscettico» e critico nei confronti delle politiche migratorie di Bruxelles - e Rodrigo Duterte - anche detto il «Trump di Manila»

Amnesty è imparziale?
Preoccupazioni legittime, o c'è dell'altro? Se da un lato ogni impegno genuino verso il rispetto dei diritti umani di qualsiasi individuo, al di là di qualsivoglia distinzione di razza, religione, condizione sociale e politica, è sacrosanto, d'altra parte sorge il dubbio che non sempre le ong siano soggetti del tutto imparziali e privi di influenze esterne. Prendiamo proprio il caso di Amnesty International. In teoria, come indicato nei suoi rapporti annuali, «Amnesty International è finanziata principalmente dai suoi membri e da donazioni pubbliche. Nessun fondo viene domandato ai governi, oppure accettato da essi, per l’opera di investigazione e la campagna contro gli abusi dei diritti umani. Amnesty International è indipendente da ogni governo, ideologia politica, interesse economico o religione».

Com'è strutturata
In pratica, non è proprio così. Sebbene sia particolarmente difficile trovare informazioni circostanziate in merito ai finanziamenti ricevuti dalla ong, sul suo stesso sito web si legge che «il lavoro portato avanti dal Segretariato Internazionale di Amnesty International è organizzato in due entità legali, in conformità alla legge del Regno Unito: Amnesty International Limited (AIL) e Amnesty International Charity Limited (AICL). Amnesty International Limited prende in appalto le attività caritatevoli per conto di Amnesty International Charity Limited, istituzione benefica registrata»

Tra i finanziatori, Soros
Sarebbe proprio l'Amnesty International Limited a intrattenere legami con governi e finanziatori. Nel rapporto del 2011, infatti, tra le fondazioni che hanno supportato l'ong, compariva anche la Open Society Foundation, l'ormai famigerata società del magnate ungherese George Soros. Una circostanza confermata anche dal sito della stessa fondazione, che per il 2008 riporta una donazione da 750mila dollari per tre anni, e per il 2009 da 125mila dollari per un anno. Nel primo caso, il programma supportato riguardava la campagna «Controterrorismo con Giustizia», tesa a garantire la protezione dei diritti umani nelle politiche di sicurezza nazionale Usa; nel secondo caso, a favore di un progetto di «espansione elettorale».

Con Obama...
Soros, si sa, è uno dei principali oppositori, sulla scena mondiale, di Donald Trump, tanto che, qualche mese fa, gli fu imputato di aver organizzato le manifestazioni andate in scena in seguito alla sua vittoria. Anche al di là di Soros, in generale c'è chi dice che l'agenda di Amnesty International abbia coinciso in molti casi con quella della presidenza Obama, avvalorando la narrativa occidentale in molti conflitti piuttosto controversi, come quello libico e quello siriano. Amnesty ha anche avanzato delle richieste all'ex Presidente, rispetto al quale si è spesso dimostrata piuttosto generosa. Lo scorso ottobre, ad esempio, Amnesty Usa ha lanciato una nota nella quale chiedeva all'ex Comandante in Capo di dare priorità ai diritti umani, chiudendo Guantanamo, proteggendo i rifugiati e infliggendo un duro colpo al commercio delle armi. Non si può dire che la ong sia stata ascoltata da Obama, che anzi, quanto a quest'ultimo argomento, non si è risparmiato affatto. Armi che, lo ricordiamo, sono anzi finite in mano all'Arabia Saudita, che da anni bombarda lo Yemen nel silenzio della comunità internazionale.

Due pesi e due misure?
Se insomma la «retorica dell'odio» non deve essere sottovalutata, da non sottovalutare neppure le ingiustizie sociali su cui si reggono le nostre civili società occidentali, e neppure le politiche spesso incuranti dei diritti umani portate avanti dai nostri governanti. Che non saranno nella lista dei «populisti», ma che spesso non fanno gli interessi dei propri cittadini.