Nigeria, ecco perché Boko Haram ha «divorziato» dall'Isis
Screzi tra l'Isis e la sua filiale nigeriana Boko Haram, al punto che Daesh ha rimosso il vecchio leader nominandone uno nuovo. Ecco cosa sta accadendo, e per quale motivo
ABUJA - A giugno era stato il comandante di Africom, il generale Usa Thomas Waldhauser, a riferire di una spaccatura interna al gruppo jihadista nigeriano Boko Haram, oggi confermata dallo stesso leader dell'organizzazione, Abubakar Shekau. Una divisione nata dal mancato rispetto da parte proprio di Shekau delle direttive arrivate dallo Stato islamico (Isis), a cui aveva giurato fedeltà nel marzo 2015, non ultima quella di smetterla di usare i bambini per gli attacchi kamikaze. In un messaggio audio diffuso all'indomani della sua «cacciata» dalla guida del gruppo, annunciata dalla rivista del califfo Abu Bakr al Baghdadi, Shekau oggi ha denunciato di essere stato «ingannato» dai combattenti dell'Isis, e «con questo messaggio, vogliamo dire che non accetteremo più alcun emissario dell'Isis».
Cause
Intervenendo davanti al Congresso lo scorso giugno, il generale Waldhauser aveva riferito di «circa metà dei membri di Boko Haram» confluiti in un altro gruppo a causa del mancato rispetto da parte di Shekau delle direttive Isis, tra cui quella di non ricorrere a bambini-kamikaze. «Gli è stato detto dall'Isis di smetterla, ma non lo ha fatto, e questa è una delle ragioni per cui il gruppo si è spaccato», disse il generale, riferendo anche di tentativi di «riconciliare i due gruppi» da parte della stessa organizzazione jihadista.
Dissensi
Di recente, anche un alto funzionario militare nigeriano aveva riferito a Jeune Afrique di «dissensi» all'interno del gruppo. Da una parte, secondo la fonte, ci sarebbero i sostenitori della «logica millenaristica» ereditata dal fondatore del gruppo, Mohammed Yusuf, dall'altra quanti portano avanti la «logica terroristica», puntando a rafforzare i legami con l'Isis. Una scissione de facto esemplificata anche dalle basi, con i primi ancora nelle roccaforti storiche di Boko Haram, quali la foresta di Sambisa e i monti Mandara, nel Nord-Est della Nigeria, e i secondi nelle isole e sulle rive del Lago Ciad.
L'annuncio
Ieri, quindi, l'annuncio dell'Isis del nuovo leader di Boko Haram, Abu Musab al-Barnawi, ex portavoce dell'organizzazione e, secondo alcuni giornalisti nigeriani, figlio dello stesso fondatore del gruppo, Mohammed Yusuf, ucciso dopo essere stato catturato vivo, nel 2009, dalle forze di sicurezza nigeriane. Nell'intervista alla rivista al Nab'a, al-Barnawi non parla di Shekau, ma afferma che «con il volere di Allah usciremo più solidi e più forti da questo calvario» e «le buone notizie le vedrete e le sentirete».
La replica
Oggi la replica di Shekau, in un messaggio audio di 10 minuti in lingua araba e hausa: «Conosciamo quelli da cui siamo diversi, e su questo ho scritto tanto tempo fa.... per il fatto di aver dichiarato in modo chiaro che sono contrario al fatto che qualcuno stia nella società insieme agli infedeli senza dichiarare pubblicamente la propria opposizione o rabbia contro gli infedeli come scritto nel Corano. Chiunque faccia così non può essere un vero musulmano». «Noi siamo ancora membri di Boko Haram - ha quindi rimarcato Shekau - non importa come ci chiamano, noi rimaniamo quelli che siamo... siamo ancora qui e in futuro non accetteremo alcun emissario se non chi possa attestare di essere sincero e fedele ad Allah e alla sua causa». Facendo poi riferimento al nuovo leader dell'organizzazione, Shekau ha aggiunto: «Mi hanno ingannato e oggi ho scoperto che c'è uno che segue i principi degli infedeli a cui vogliono che io obbedisca, ma il Profeta ce lo impedisce. Noi sosteniamo ancora la causa di Allah e non verremo meno alla lotta per creare un califfato islamico e per sostenere l'islam».
E il leader designato dall'Isis?
Secondo alcuni giornalisti nigeriani, il nuovo leader di Boko Haram designato dall'Isis potrebbe rispondere presto al messaggio di Shekau. Shekau è alla guida di Boko Haram dal 2009; una leadership segnata da un'ondata di violenze che ha causato circa 20.000 morti e oltre 2,6 milioni di sfollati e profughi in tutta la regione del lago Ciad.
(Fonte Askanews)
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