Pedofilia: l'infinito processo alla Casa Pia
Le vittime: non crediamo più alla giustizia portoghese
LISBONA - Entra in una nuova fase, probabilmente non l'ultima, il lunghissimo processo alla Casa Pia, un enorme scandalo di pedofilia che ha toccato il Portogallo e le sue istituzioni. Dal 25 novembre 2004, sei uomini e una donna sono imputati a Lisbona per abusi sessuali e incitamento alla prostituzione ai danni di 32 minori ospitati nella Casa Pia, un istituto pubblico che accoglieva bambini e adolescenti poveri o orfani.
Solo il principale accusato, Carlos Silvino, ex autista e giardiniere della Casa Pia, ha riconosciuto i fatti che gli vengono imputati, mentre tutti gli altri si proclamano innocenti. Sono tutti processati a piede libero, poiché i termini di carcerazione preventiva sono abbondantemente scaduti.
Le speranze di una conclusione imminente del processo si assottigliano poiché il tribunale ha deciso di modificare diversi punti dell'atto di accusa in base alle testimonianze delle vittime, un fatto che ha dato il destro agli avvocati per chiedere ulteriori rinvii.
In cinque anni il processo alla Casa Pia ha battuto tutti i record: oltre 1.000 testimoni, 448 udienze, un dossier di oltre 60.000 pagine. «COn questo processo stiamo assistendo a una negazione totale della giustizia, per le vittime e per gli imputati», denunciava ieri il presidente dell'Ordine degli avvocati, Antonio Marinho Pinto alla France Presse.
Sette anni dopo la rivelazione dello scandalo, una delle vittime ha pubblicato il mese scorso una testimonianza raccapricciante del sistema giudiziario portoghese: «Il mio futuro è stato segnato dal procedimento stesso e non da quello che mi è successo quando ero alla Casa Pia». «Ormai non credo più a nessuno e ancor meno alla giustizia portoghese», ha scritto la vittima.
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