23 aprile 2024
Aggiornato 08:30
Mondo. Stati Uniti

Clima: negli USA la legge su emissioni potrebbe slittare a dopo Copenaghen

Un rinvio potrebbe compromettere i negoziati di dicembre

NEW YORK - Barack Obama potrebbe essere costretto ad accettare un rinvio di diversi mesi sull'approvazione dell'attesissima legge sul taglio delle emissioni di CO2 in America. La legge, in questi giorni all'esame della commissione Ambiente e Lavori Pubblici del Senato, sarebbe infatti sul punto di slittare a dopo la conferenza internazionale sui cambiamenti climatici che si terrà a metà dicembre a Copenaghen.

A rivelarlo è una delle più strette consigliere sulle materie ambientali della Casa Bianca, Carol Browner, che ha detto a chiare parole ieri a Washington che «è poco probabile che il presidente firmi la legge sull'energia entro dicembre». Un annuncio che ha gelato gli ambientalisti americani e soprattutto quelli stranieri, che chiedono da mesi una riforma negli Usa senza la quale difficilmente a Copenaghen si potrà trovare un accordo efficace.

Il testo è stato approvato a giugno dalla Camera ma ora è fermo nelle commissioni del Senato dove sono emerse spaccature all'interno degli stessi democratici, in particolare sul ruolo delle autorità di controllo delle emissioni. La preoccupazione riguarda soprattutto i democratici eletti nei collegi «rurali» che chiedono maggiori vantaggi per l'industria del bioetanolo, sulla quale però le autorità federali hanno più volte espresso pesanti dubbi. Alla Camera la legge ha superato non senza difficoltà il voto, grazie al peso numerico dei deputati eletti negli Stati più popolosi. Al Senato però tutti gli Stati hanno lo stesso numero di voti e senza un accordo blindato il testo rischia di fallire alla prova dell'aula.

La legge sul clima è, insieme alla riforma della sanità, uno dei capitoli principali del primo anno di governo del presidente Barack Obama che ha promesso un'inversione di rotta rispetto alla politica del suo predecessore, George W. Bush. Un ritardo sulle norme negli Usa, dove si registra il più alto tasso di emissioni pro capite al mondo, peserebbe in modo determinante sulla conferenza di dicembre dove sarà discusso il «successore» del trattato di Kyoto che il Congresso americano non ha mai ratificato.