19 agosto 2025
Aggiornato 00:30
A Mirafiori vince il sì

Fiat, il referendum non chiude la partita

Per Sacconi, Marcegaglia e sindacati obiettivo è riprendere il dialogo. «Far partire gli investimenti» lo chiedono governo, industriali e sindacati

ROMA - A Mirafiori hanno vinto i 'sì' ma il referendum non chiude la partita nella vicenda Fiat. I favorevoli all'accordo separato hanno vinto con il 54%, ma è una vittoria di misura in cui ha pesato il voto degli impiegati (meno toccati dalle nuove regole) e che lascia una fabbrica divisa a metà, con un malessere tra i lavoratori (ancora in Cig) espresso nonostante la minaccia di chiudere lo stabilimento. L'ad Sergio Marchionne festeggia la vittoria come una «svolta storica» e rassicura i lavoratori sull'inviolabilità dei diritti. Ma nei prossimi mesi - visto che la produzione inizierà l'anno prossimo - avrà il tempo per valutare le mosse da compiere, con l'obiettivo di riuscire ad avere un impianto governabile e realizzare il progetto FabbricaItalia. Da più parti arriva infatti il messaggio di superare le tensioni e riaprire il dialogo, anche perché c'è tutto il tempo per farlo.

Far partire gli investimenti - chiedono governo, industriali e sindacati - e allo stesso tempo guardare avanti, per costruire «nuove relazioni industriali». Dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, che ha invocato più «coesione sociale», al numero uno di Confindustria, Emma Marcegaglia, che ha chiesto di «lasciare alle spalle le contrapposizioni», fino al leader della Cisl, Raffaele Bonanni, per cui è necessario «sanare le fratture». E la Cgil, che si è ricompatta con la Fiom dopo settimane di nervi tesi, provando a fare la prima mossa con la sua proposta sulla rappresentanza: un accordo consentirebbe alla Fiom di rientrare nelle fabbriche Fiat, riaprendo il dialogo tra le parti sociali. Un passaggio con cui far ripartire anche il tavolo sulla crescita con Confindustria e tornare a discutere del nuovo modello contrattuale, la cui sperimentazione scade tra un anno.