19 aprile 2024
Aggiornato 08:00
Allarme per l'olio d'oliva tricolore

Olio: con il Tpa un grave colpo al “made in Italy”

Per la Cia non ci sono le condizioni per reiterare l’autorizzazione, da parte dell’Ue, del Traffico di perfezionamento attivo

ROMA - Scatta l’allarme per l’olio d’oliva «made in Italy». Reiterare l’autorizzazione della procedura comunitaria di Traffico di perfezionamento attivo (Tpa), che consente la temporanea importazione di oli stranieri da lavorare e imbottigliare in Italia per poi esportarli fuori dall’Europa, mettere, infatti, a rischio la tipicità e la qualità dei nostri prodotti sui mercati mondiali. A sottolinearlo è la Cia-Confederazione italiana agricoltori la quale esprime netta contrarietà al provvedimento che aprirebbe ancora di più le nostre frontiere all’invasione di produzioni straniere, aggravando ulteriormente la già difficile situazione del settore olivicolo.

Si tratta di una misura -avverte la Cia- che renderebbe ancora più complesso il quadro dei nostri olivicoltori che fanno i conti con prezzi in caduta libera e costi produttivi, contributivi e burocratici in continua ascesa.
Sarebbe un duro colpo per il «made in Italy». D’altronde, nei paesi dove non vale l’obbligo di indicare l’origine delle olive in etichetta, a differenza dell’Unione europea, queste produzioni straniere di bassa qualità sono spacciate come italiane, togliendo spazio di mercato, incrinando l’immagine e la credibilità delle coltivazioni nazionali.
Oltretutto, possono esserci -afferma la Cia- anche fondati rischi di comportamenti fraudolenti favoriti dalla possibilità di aggirare la norma sull’obbligo di indicare la provenienza delle olive in etichetta, che in Italia ha permesso un’efficace tutela delle produzioni nostrane.

A parere della Cia, è necessario, dunque, riflettere sulle condizioni per l’autorizzazione al Traffico di perfezionamento attivo (Tpa), prevista dal Reg. (CE) n.993/2001. Va ricordato a tal proposito che la procedura è attivabile in presenza di giustificate e particolari situazioni di mercato, come differenziale di prezzo elevato tra prodotto comunitario e quello dei paesi terzi. Una situazione che, al momento, nel settore non si è verificata e, quindi, è auspicabile che l’Ue riduca l’operatività di questo provvedimento che risulta fortemente dannoso per gli agricoltori italiani, mettendo in pericolo la produzione di olive, con conseguenti fenomeni di abbandono di territori e di una tradizione che ha radici profonde nella cultura del nostro Paese.