UE, continua la polemica franco-tedesca sulla competitività
Commissario Rehn d'accordo con il Ministro Lagard sulle misure di stimolo per la domanda interna
BRUXELLES - La polemica innescata tra Francia e Germania dal ministro delle Finanze di Parigi, Christine Lagarde, con un'intervista sul Financial Times, ha alimentato una parte del dibattito dell'eurogruppo ieri a Bruxelles. Oltre alla crisi finanziaria greca, infatti, i ministri delle Finanze hanno affrontato anche il problema del divario di competitività fra i paesi della zona euro, un fattore di squilibrio che sta acquisendo sempre importanza nel quadro del maggior coordinamento economico propugnato dai responsabili europei.
Nella sua intervista, Lagarde aveva puntato il dito contro il modello economico tedesco, da troppo tempo basato essenzialmente sull'aumento della competitività in funzione delle esportazioni. Un modello che sacrifica lo sviluppo della domanda interna, da cui potrebbero trarre vantaggio gli altri membri dell'eurozona. Secondo il ministro francese, la Germania così facendo aumenta il divario con i paesi (soprattutto mediterranei) che dopo l'entrata nell'euro hanno perso competitività, aggravando lo squilibrio.
Con la stampa, dopo la riunione dell'eurogruppo, Lagarde ha insistito sulla sua tesi, affermando «la necessità di avere condizioni di competitività più convergenti fra i paesi dell'eurozona, con un riequilibrio sia verso il basso che verso l'alto». Secondo il ministro francese, l'eurogruppo avrebbe preso in considerazione l'idea «che anche i paesi con surplus (delle partite correnti, ndr) dovranno prendere delle misure di natura macroeconomica per pervenire a un'armonizzazione dei tassi di competitività nella zona euro».
Il commissario europeo agli Affari economici e monetari, Olli Rehn, è sembrato appoggiare Lagarde, avendo sottolineato come «i paesi con un'eccedenza nella bilancia dei conti correnti dovrebbero promuovere delle riforme che rafforzino la domanda interna».
Il presidente dell'eurogruppo, Jean-Claude Juncker, invece, pur sottolineando come le divergenze di competitività fra gli Stati dell'euro siano «un problema serio», ha puntualizzato che la 'questione tedesca' è meno importante rispetto alla necessità di trovare rimedi per i paesi che hanno perso competitività. «Il problema (tedesco, ndr) si pone, ma non con la stessa urgenza», ha tagliato corto Juncker.
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