Giappone, Cina e Corea del Sud valutano trattato libero scambio
Summit a Pechino dei tre leader. Si punta a comunità Est asiatico nell'obiettivo di espandere la cooperazione in un'ampia gamma di settori
PECHINO - I governi di Cina, Giappone e Corea del Sud valutano l'ipotesi di un accordo di libero scambio, per arrivare gradualmente a una maggiore integrazione economica della regione. Al termine di un summit a Pechino, infatti, il premier cinese Wen Jiabao e i primi ministri di Tokyo e Seul hanno annunciato di essere «impegnati nello sviluppo di una comunità dell'Asia orientale», concordi nell'obiettivo di espandere la cooperazione in un'ampia gamma di settori, inclusi il cambiamento climatico e la crescita sostenibile.
AL CENTRO L'ASIA - «Finora - ha spiegato il premier giapponese Yukio Hatoyama al termine dell'incontro con Wen Jiabao e il presidente sudcoreano Lee Myung-bak - abbiamo avuto la tendenza a fare troppo affidamento sugli Usa. L'alleanza tra Giappone e Stati Uniti resta importante, ma come paese asiatico vorremmo portare avanti politiche più focalizzate sull'Asia».
16% DEL PIL GLOBALE - Da quando ha preso la guida dell'esecutivo nipponico il mese scorso, Hatoyama ha fatto circolare l'ipotesi di una comunità dell'Est asiatico, senza chiarire tuttavia gli obiettivi e il funzionamento di questa nuova alleanza. In ogni caso Cina, Giappone e Corea del Sud (le tre maggiori economie della regione, che rappresentano circa il 16% del Pil globale) dovrebbero costituire il nucleo di questa comunità. L'idea per il momento - secondo il ministro degli esteri giapponese, Katsuya Okada - è di raggruppare Giappone, Cina, Corea del Sud, India, Australia, Nuova Zelanda e i paesi membri dell'Asean (l'associazione degli Stati dell'Asia sud-orientale), sebbene non siano escluse anche altre adesioni.
DA PARTE LE DIFFERENZE - «Siamo d'accordo nell'intento di cercare un terreno comune e mettere da parte le differenze», ha sottolineato Wen Jiabao, riferendosi soprattutto ai rapporti con il Giappone. Hatoyama, infatti, sembra essersi guadagnato in poche settimane un atteggiamento favorevole da parte dei paesi vicini, enfatizzando la volontà di mitigare le ragioni di contrasto legate alla sensibilità di questi paesi per l'occupazione nipponica prima e durante la seconda guerra mondiale.
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