Chiudere l'Enea e passare le competenze al CNR
ADUC: «Eviteremmo inutili doppioni»
ROMA - «L'Enea svolge attività di ricerca e innovazione tecnologica nei settori dell'energia, dell'ambiente e delle nuove tecnologie». Così viene scritto nel sito internet dell'ente, che in questi giorni è al centro delle polemiche perché, alla vigilia di un nuovo commissariamento, sono previsti circa 700 aumenti di stipendio per il personale e promozioni varie.
In Parlamento si sta discutendo l'ennesima riforma di un ente del quale non ne comprendiamo i motivi di esistenza. Nacque come Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari (Cnrn), braccio del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) per poi trasformarsi nell'autonomo Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare (Cnen) e poi nell'attuale Ente per le Nuove Tecnologie, l'Energia e l'Ambiente (Enea) attraverso un passaggio intermedio per Ente per l'Energia Nucleare ed Energie Alternative (sempre Enea). Una vita travagliata, insomma, però ricca di finanziamenti pubblici che finivano alle aziende private sotto forma di «promozione industriale».
La soluzione? Far tornare l'Enea all'interno del Consiglio nazionale delle Ricerche (Cnr) come era all'origine, perché proprio il Cnr ha il compito di «svolgere, promuovere, diffondere, trasferire e valorizzare attività di ricerca». Eviteremmo doppioni, triploni, ecc., di personale e stipendi, consigli di amministrazione e, soprattutto, avremmo un indirizzo omogeneo e compiuto della ricerca. Troppo semplice? Ovvio, ma in un Paese che ama guardare a Bisanzio, è difficile fare cose semplici!
Primo Mastrantoni, segretario Aduc
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