23 aprile 2024
Aggiornato 23:30

Greenpeace a Malta denuncia: aggrediti da peschereccio spagnolo

Durante manifestazione pacifica contro il massacro del tonno rosso

Attivisti di Greenpeace, impegnati in un tour a bordo della nave Rainbow Warrior, sarebbero stati violentemente aggrediti mentre cercavano di effettuare un'ispezione pacifica del peschereccio spagnolo 'Cabo Tinoso Dos'. La denuncia arriva dalla stessa associazione che spiega che gli attivisti sono stati "strattonati e respinti dai pescatori con gli idranti".

L'aggressione è cominciata all'apertura dello striscione «Bluefin Tuna Massacre» (Massacro del tonno rosso), per evidenziare le attività di pesca non-sostenibile effettuate da queste imbarcazioni, "parte di una flotta industriale che minaccia l'intera industria del tonno rosso". Alcuni pescatori, dopo aver inveito contro gli attivisti che in questo momento si trovano nel Mediterraneo per denunciare la pesca pirata, per scherno si sono tirati giù i pantaloni mostrando il posteriore. Greenpeace chiede alle autorità locali di effettuare un controllo ufficiale della nave.

La gestione del tonno rosso è affidata alla Commissione Internazionale per la conservazione dei tonni dell'Atlantico (Iccat), un'organizzazione intergovernativa di cui l'Unione europea è membro attivo e influente. "Oggi vige un paradossale 'piano di recupero' - spiega Greenpeace - che consente di pescare il 47 per cento in più rispetto al limite massimo sostenibile, per questo Greenpeace è fermamente convinta che le attuali politiche dell'Iccat porteranno molte specie all'estinzione".

Dal 2006, proprio gli scienziati dell'Iccat hanno suonato il campanello d'allarme sullo stato dello stock del tonno rosso. Hanno raccomandato di non pescare al di sopra di 15.000 tonnellate e di proteggere le zone di riproduzione durante i mesi cruciali di maggio e giugno. La pescata effettiva per il 2007 è stata stimata a 61.000 tonnellate, il doppio del limite legale consentito per quell'anno, e più di quattro volte il livello raccomandato per evitare il collasso della popolazione. Mentre le flotte industriali continuano a saccheggiare nelle aree di riproduzione, le comunità locali, che pescano da generazioni, sono state ridotte a trasferire nelle gabbie gli ultimi esemplari di una specie minacciata, per metterli all'ingrasso prima di esportarli dall'altra parte del mondo.

Greenpeace chiede quindi la creazione di una rete di riserve marine, che protegga il 40 per cento degli oceani del mondo, per risolvere il problema della pesca eccessiva e consentire il recupero dei nostri oceani sovrasfruttati.