12 ottobre 2025
Aggiornato 16:30

Fiat non lascerà «mai» Chrysler, è attesa decisione concessionari

Ieri la Corte Suprema ha ritardato vendita azienda USA a FIAT

NEW YORK - Da un lato, la decisione del giudice della Corte Suprema Ruth Bader Ginsburg di ritardare la vendita di Chrysler a Fiat «fino a nuovo ordine». Dall'altro, la determinazione dell'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, che ha precisato che Fiat non si ritirerà «mai» dall'alleanza. E' questa la situazione in cui versa Chrysler, nello stesso giorno in cui si appresta a fronteggiare un altro ostacolo: quello rappresentato dai 789 concessionari che vuole eliminare al fine di risparmiare sui costi, e che sperano invece di essere salvati.

Il giudice della corte fallimentare di New York Arthur Gonzalez emetterà il verdetto sulla questione, e deciderà dunque se accogliere gli appelli dei concessionari, o se dare invece il via libera al piano del produttore automobilistico americano. Di fatto, se la decisione di Gonzalez sarà pro-Chrysler, i 789 concessionari potranno uscire dal business stanotte. E in realtà, la sensazione negli Stati Uniti è che alla fine a perdere saranno i concessionari, alcuni dei quali si preparano già a chiudere il loro business.

Intanto, commentando la decisione del giudice della Corte Suprema, il dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha commentato con un comunicato che «comprendiamo che si tratta di una proroga concepita per dare alla corte un periodo di tempo sufficiente per prendere una decisione riguardo alla richiesta di fermo» della vendita.

Nel frattempo, la tensione rimane alta, sia tra i vertici di Chrysler, che avevano sperato che il completamento dell'accordo con Fiat arrivasse la scorsa settimana, sia tra i concessionari americani, che aspettano con trepidazione la decisione del giudice del tribunale di New York. Sullo sfondo, il ritardo alla vendita che è stato deciso ieri sera, poco prima della scadenza fissata per consentire alla Corte Suprema di esprimersi. Chrysler ripete: senza Fiat sarà costretta a ricorrere alla liquidazione.

E lo stesso piano volto a ridurre la sua rete di concessionari del 25% è concepito per permettere al produttore di auto Usa di emergere dalla condizione di amministrazione controllata.

Ma i concessionari non accettano assolutamente l'eventualità di uscire dal mercato e anzi, ora che la vendita è stata ritardata da Ginsburg, affermano che qualsiasi decisione di Gonzalez dovrà essere sospesa, in attesa che la Corte Suprema si esprima sulla questione. E a confermare la loro opposizione all'alleanza con cui Chrysler cederebbe la maggior parte delle sue attività alla nuova società partecipata inizialmente dal Lingotto per il 20%, sono ovviamente i tre fondi dell'Indiana, che tanto hanno fatto per mettere i bastoni tra le ruote all'accordo, arrivando a presentare un ricorso alla stessa Alta Corte degli Stati Uniti.

In tutto questo, spaventa di meno la data di scadenza del 15 giugno, che avrebbe permesso a Fiat di ritirarsi dall'accordo, in caso di un suo mancato perfezionamento entro il termine fissato.

E questo per le parole proferite da Marchionne, che ha ribadito tutta l'intenzione di rimanere, anche se la data di scadenza dovesse essere superata. Inoltre, il ritardo nella vendita stabilito ieri sera dal giudice potrebbe essere anche solo temporaneo. Di fatto, Ginsburg vuole valutare il ricorso che è stato presentato dai tre fondi dell'Indiana.

A tal proposito, da segnalare che per Chrysler la partita è diventata più dura lo scorso 5 giugno, giorno in cui la corte di appello federale di New York ha confermato la decisione presa da Gonzalez, dando anch'essa la `benedizione' all'accordo. Una notizia molto positiva, che ha portato però i fondi dell'Indiana ad affilare ancora di più le loro armi, e a presentare ricorso alla Corte Suprema. A quel punto, al fine di permettere all'Alta Corte di decidere se intervenire o meno, la vendita a Fiat è stata ritardata fino alla giornata di ieri, esattamente fino alle 16 ore locali. Di fatto, la vendita sarebbe stata sbloccata se la Corte Suprema avesse manifestato l'intenzione di non sentire le argomentazioni dei fondi.

Ma non è stato così, visto che Ginsburg ha ritardato la vendita, comunicando la propria decisione qualche minuto prima dell'ora di scadenza.