19 aprile 2024
Aggiornato 18:00
FIAT-Chrysler

Corte Suprema USA ritarda vendita di Chrysler al Lingotto

Giudice Bader Ginsburg congela opetazione ma non si sa per quanto

NEW YORK - Il giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, Ruth Bader Ginsburg, ha deciso di ritardare temporaneamente la vendita di Chrysler a Fiat. In un'ordinanza la Ginsburg ha affermato che la vendita è «sospesa fino a nuovo ordine». Tale azione potrebbe indicare che il ritardo è solo temporaneo. La decisione è stata comunicata proprio prima della scadenza delle 22 italiane di ieri dopo la quale, se la Corte non si fosse espressa, la vendita di Chrysler a Fiat sarebbe stata sbloccata. Al momento non si hanno indicazioni su come, e in che tempi, la questione potrebbe evolversi.

A incombere è un'altra scadenza cruciale, quella del 15 giugno. Se l'accordo di cessione di Chrysler a Fiat non sarà completato entro questa data, Fiat potrà infatti stabilire di ritirarsi dall'alleanza: un'eventualità menzionata più volte dai legali della Chrysler nelle ultime ore.

Ma l'amministrazione Obama appare decisa ad andare avanti su di un'operazione che serve da 'apripista' al salvataggio, ben più complesso e rischioso, della General Motors. In serata fonti dell'amministrazione Usa hanno dichiarato all'Associated Press che la Fiat, se la Corte Suprema dovesse permettere la vendita degli asset alla casa automobilistica del Lingotto, rimescolerà il management e cambierà in profondità la cultura della Chrysler. E hanno sottolineato che il cambiamento nella dirigenza dell'azienda di Detroit sarà molto più profondo della semplice sostituzione dell'amministratore delegato Bob Nardelli e del vice presidente Tom La Sorda. Quali cambiamenti? Le fonti, pur non entrando nei dettagli, hanno specificato che la squadra di manager del Lingotto è una delle due al mondo, insieme a quella di Renault-Nissan, in grado di ristrutturare un'azienda automobilistica in difficoltà. Al Lingotto «hanno condotto - ha aggiunto - una serie abbastanza eclatante di cambiamenti mettendo l'azienda in una posizione molto più forte».

La richiesta dei tre fondi dell'Indiana è quella di prolungare il blocco della vendita a Fiat. «In assenza di un blocco - si leggeva nel ricorso presentato nella notte tra sabato e domenica alla Corte Suprema - la corte sarà privata dell'opportunità di decidere su questioni legali critiche e rilevanti a livello nazionale collegate alla gestione dell'economia da parte del governo degli Stati Uniti». Anche perchè «il fallimento della Chrysler porta profonde implicazioni per l'economia della Nazione e quasi ognuno ne perpepisce l'impatto».

Quali probabilità ha dunque la Fiat, a questo punto, di perfezionare la storica acquisizione di Chrysler anche considerando il fatto che a partire dal prossimo 15 giugno il Lingotto avrà facoltà di recedere dal suo impegno? Il Wall Street Journal, premettendo che i blocchi di emergenza delle operazioni sono concessi molto raramente dalla Corte Suprema aveva sottolineato - prima della decisione di stasera - che se tale blocco dovesse essere approvato l'acquisizione potrebbe essere congelata per le settimane o i mesi durante i quali il caso sarà esaminato dal più alto organo giurisdizionale Usa. E tale blocco avrebbe l'effetto di far guadagnare tempo ai fondi pensione 'ribelli' e alle associazioni dei consumatori per preparare un ricorso formale alla stessa Corte.

Il pronostico sulla decisione della Corte è aperto e gli esiti possibili sono molto diversi. Il giudice Bader Ginsburg, 76 anni, nominata nel 1993 dall'allora presidente usa Bill Clinton, potrebbe stabilire di decidere da sola, oppure inoltrare il caso all'intera Corte Suprema. Ma potrebbe anche decidere - e sarebbe il caso più favorevole per Fiat - di respingere immediatamente il nuovo appello presentato dai fondi dell'Indiana o potrebbe chiedere ad altre parti in causa di presentare nuova documentazione in tempi molto brevi.

I tre fondi pensione dell'Indiana (Indiana State Teachers retirement fund, Indiana State Police Pension Trust e Indiana Major Moves Construction Fund) sostengono che l'accordo favorisca ingiustamente gli interessi dei creditori non garantiti rispetto a quelli dei garantiti come loro. Tali fondi vantano nei confronti di Chrysler un credito di 42,5 milioni di dollari, pari a circa l'1 percento del debito non garantito complessivo di Chrysler (6,9 miliardi di dollari). Il debito è stato acquisito a luglio 2008. Secondo i creditori, il Tesoro Usa avrebbe violato la Costituzione e i termini del Troubled Assets Relief Program (Tarp) con la ristrutturazione di Chrysler. I fondi Tarp erano infatti stati studiati per salvare le istituzioni finanziarie e non i costruttori automobilistici e una legge ad hoc per il settore auto non è mai stata approvata dal Senato Usa, come ha fatto notare Glenn Kurtz, un legale che rappresenta i fondi pensione dell'Indiana che si oppongono alla vendita.

L'appello dei fondi dell'Indiana giunge mentre il Congresso sta intensificando il suo vaglio sulle attività di ristrutturazione della stessa Chrysler e di Gm comn la Commissione bancaria che si appresta a controllare proprio l'utilizzo dei fondi Tarp.

Se la vendita dovesse andare in porto la Fiat controllerà inizialmente il 20% della Chrysler avendo la possibilità di salire successivamente fino al 51%. Il fondo sanitario del sindacato dei lavoratori dell'automobile Uaw deterrà inizialmente il 55% mentre i governi di Usa e Canada, che durante la bancarotta di Chrysler hanno erogato all'azienda 4,9 miliardi di dollari, controlleranno rispettivamente l'8% e il 2%.