19 aprile 2024
Aggiornato 04:00

Fiat: Accordo Chrysler, si attende ancora decisione giudice Usa

L'udienza potrebbe protrarsi anche nella giornata di domani

NEW YORK - I dirigenti di Chrysler e di Fiat sono tornati oggi a testimoniare alla corte fallimentare di New York, nel tentativo di convincere il giudice Arthur Gonzales ad approvare l'alleanza tra le due case automobilistiche. L'udienza, che si concluderà di fatto con la decisione di Gonzales, è entrata così al secondo giorno, e Gonzales ha detto che, in caso di bisogno, si preparerà a protrarre l'udienza anche nella giornata di domani. Di nuovo, i dirigenti hanno precisato che la cessione delle sue principali attività alla italiana Fiat è il modo migliore che l'azienda Usa ha di salvarsi dalla liquidazione, ovvero da un'asta-spezzatino. Da segnalare a tal proposito che, se non riuscirà a chiudere entro il 15 giugno, Fiat potrà ritirare le sue offerte.

Il destino dell'alleanza dipende dunque dalla decisione di Gonzales, che fino a questo momento non ha ancora ufficializzato la sua posizione, L'ostacolo è rappresentato dalle obiezioni all'accordo tra Fiat e Chrysler, in tutto più di 300, che arrivano dai fornitori di Chrysler, ma anche dai suoi attuali ed ex dipendenti, dai detentori di obbligazioni e da gruppi concessionari di auto. E' questo coro di no a poter mettere i bastoni tra le ruote all'alleanza che l'amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne reputa «storica», sia per Fiat che per tutta l'industria italiana.

Nella giornata di ieri Alfredo Altavilla, responsabile dello sviluppo di business e numero uno di Fiat Powertrain, ha detto alla corte di New York di stimare che ci vorranno 18 mesi circa per iniziare a produrre i veicoli Fiat nelle fabbriche Chrysler e 24 mesi circa per iniziare a produrre i powertrain per quei veicoli nel Nord America. Anche in quel caso, riporta l'Associated Press, non ci saranno garanzie che Fiat potrà emergere nel mercato americano, vista la competizione rappresentata dalle piccole macchine prodotte da colossi dell'auto del calibro di Hyundai e Kia.

Altavilla è stato tra coloro che ieri hanno parlato nel tribunale, nel corso di una udienza che è durata per ben nove ore e che si è protratta fino a sera. Oggi l'udienza è ripresa; in generale le previsioni sembrano essere cautamente ottimistiche, stando almeno alle indiscrezioni che circolano sui mercati; fonti vicine a Chrysler hanno riferito infatti nelle ore precedenti che la «nuova Chrysler» completerà il processo fallimentare nella «fascia corta della scadenza» fissata dal governo di Obama, che aveva di fatto stabilito un tempo di 30-60 giorni perché l'azienda uscisse dal procedimento fallimentare. E questo significa che, se il giudice darà la sua benedizione all'accordo come ha fatto già Obama, la nuova azienda potrà emergere dal Chapter 11 già entro gli inizi di giugno.

Tra gli oppositori all'accordo, si mettono in evidenza soprattutto i fondi Indiana State Teachers retirement fund, Indiana State Police Pension Trust e Indiana Major Moves Construction Fund; insieme i tre fondi vantano nei confronti di Chrysler un credito di 42,5 milioni di dollari, dei complessivi crediti garantiti che ammontano a 6,9 miliardi di dollari, e insieme avevano anche presentato una mozione chiedendo una revisione legale della procedura fallimentare. La loro richiesta è stata però rigettata.

A tal proposito, da segnalare che la maggioranza dei detentori di bond Chrysler ha già accettato un piano di riduzione del debito, che di fatto lo taglia a 2 miliardi di dollari, e che permetterà così ai detentori stessi di ricevere circa 29 centesimi per ogni dollaro speso in obbligazioni Chrysler. Tuttavia chi contesta l'alleanza tra le due aziende afferma che il governo degli Stati Uniti ha fatto pressioni per velocizzare i tempi, al fine di far emergere il prima possibile Chrysler dal Chapter 11; e rimangono obbligazionisti che ritengono di meritare di più e che spingono per vedere rimborsata una fetta maggiore dei loro crediti.

Intanto, interrogato dal giudice per più di un'ora, l'ex vicepresidente di Chrysler Tom LaSorda, ha affermato che «non c'era nessuno là fuori pronto a procedere a una iniezione di liquidità» a favore dell'azienda Usa. «Fiat invece ha portato la sua tecnologia e le sue piattaforme, che hanno un valore pari se non superiore» di quelle risorse di liquidità di cui il produttore americano avrebbe avuto bisogno.

Stando alla documentazione depositata alla corte, inoltre, a ribadire la fiducia sull'alleanza tra Fiat e Chrysler è stato anche l'attuale amministratore delegato di Chrysler, Bob Nardelli. «La vendita (a Fiat) - ha scritto Nardelli- rafforzerà Chrysler nel lungo termine, e apporterà benefici a tutti, inclusi i contribuenti americani, i dipendenti, i creditori, i concessionari, i fornitori e i creditori garantiti». Il «nostro unico obiettivo - ha puntualizzato - è apportare benefici a tutti».