28 agosto 2025
Aggiornato 03:30
A Ferrara i nonni imprenditori (over70) sono 2.583, l’11,1% del totale

A minacciare le imprese ferraresi ci si mette anche il ricambio generazionale

L’esortazione della Camera di Commercio: “Basta parlare di trapasso generazionale ma, piuttosto, di continuità competitiva d’impresa”

FERRARA - Minacciate dal ricambio generazionale. Le piccole e medie imprese ferraresi non devono fare i conti solo con l’alta pressione fiscale, la concorrenza cinese e l’onda lunga della crisi finanziaria che ha chiuso i rubinetti del credito. A complicare la vita delle PMI c’è anche il ricambio generazionale, tra le cause più frequenti di mortalità delle imprese nella nostra provincia. L'argomento è da tempo al centro delle attenzioni della Camera di Commercio, sensibile all'impatto sull'occupazione della cessazione di imprese a causa della mancata successione generazionale, ed è particolarmente attuale e rilevante nel nostro territorio, dove molte imprese stanno affrontando o dovranno affrontare nel breve periodo il problema della continuità generazionale.

A Ferrara infatti, al 31 marzo 2009, erano 2.583 gli imprenditori con i capelli bianchi (l’11,1% del totale), 586 dei quali erano donne. Un fenomeno in costante crescita (+ 3,7%): nello stesso periodo del 2004, infatti, i nonni imprenditori in provincia di Ferrara erano 2.492, di cui 496 donne. E sono soprattutto le imprenditrici, che costituiscono poco meno di un quarto di questo universo di imprese gestite da over 70, a registrare, negli ultimi cinque anni, l’incremento più rilevante (+18,1%). Questo il quadro che emerge da un’elaborazione dell’Osservatorio dell’economia dell’Ente di Largo Castello sui dati del Registro delle imprese al primo trimestre 2009 e 2004.

Ma quali i problemi più rilevanti che le imprese ferraresi si trovano ad affrontare? L’indagine della Camera di Commercio parla chiaro: la scarsa disponibilità alla delega da parte dell'imprenditore «uscente»; la complessità nel processo di trasferimento delle competenze (di mestiere e/o professionali e/o manageriali, a seconda dell'attività) e delle reti di relazioni, che in genere richiede un lungo periodo di affiancamento; la condivisione della visione strategica tra vecchie e nuove generazioni; la disponibilità di risorse finanziarie; la burocrazia; l’assenza di pianificazione. E le risorse finanziarie messe a disposizione dalla Camera di Commercio (100.000 euro) per le imprese ferraresi che si apprestano ad affrontare il passaggio critico del ricambio generazionale potranno essere spese proprio per azioni di affiancamento nei confronti del sistema bancario, di consulenza specialistica e di assistenza diretta per valorizzare la propensione all'innovazione ed il patrimonio di conoscenze già acquisite dall’impresa.

L’esortazione della Camera di Commercio: «Basta parlare di ricambio generazionale ma, piuttosto, di continuità competitiva d’impresa». Come attendersi infatti - fanno sapere dall’Ente camerale - un entusiasmo ad affrontare il tema trasmissione d'impresa, se tuttora fonti autorevoli lo definiscono «trapasso generazionale«? Anche altre espressioni (lo stesso «ricambio generazionale«) non inducono certo al pensare positivo. Le parole sono pietre, e l'evocazione della morte (trapasso) o dell'accantonamento (ricambio) costituiscono forti deterrenti a un approccio psicologico costruttivo da parte di coloro - gli imprenditori senior - che detengono il potere. Accade così che gli imprenditori non segnalino questo problema fra quelli che sentono vivi, mentre invece lo hanno semplicemente rimosso, e gli operatori sottovalutano il rischio strisciante, a loro volta rimandando un problema spinoso a trattarsi. Ignorare questi aspetti è un boomerang: proprio uno psicologo, Daniel Kahneman, si è visto attribuire nel 2002 il premio Nobel per aver messo a fuoco l'influenza dei fattori psicologici nei processi decisionali, in particolare nella presa di rischio. Incominciare allora a parlare di continuità competitiva non si rivela una scelta nominalistica, ma sostanziale. Essa codifica a un tempo l'obiettivo futuro - la continuità dell'impresa - e la corretta mira a un'autonomia vitale sul mercato.