20 aprile 2024
Aggiornato 11:00
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FIAT: con Opel Pomigliano e Termini a rischio, stop dai sindacati

Scajola scrive a vertici Lingotto a difesa «centralità» impianti

ROMA - Cipputi si prepara alla battaglia a salvaguardia degli stabilimenti italiani della Fiat. Il piano che il Lingotto ha presentato lunedì al governo tedesco per l'acquisizione di Opel prevederebbe infatti la chiusura di alcuni impianti in Europa, inclusi due in Italia. Si tratterebbe, secondo quanto riferiscono fonti sindacali all'Apcom, dei siti di Pomigliano d'Arco e Termini Imerese, entrambi situati nel Mezzogiorno.

Dalla casa automobilistica torinese non si registra, per ora, alcun commento. Circostanza che ha finito per aumentare la preoccupazione delle organizzazioni sindacali, che minacciano di aprire un «pesante conflitto sociale», come annunciato dal leader delle tute blu della Cgil, Gianni Rinaldini. A quanto si apprende, sarebbe già pronta una lista con gli stabilimenti da chiudere o ridimensionare, in Italia e in Europa, nel caso andasse in porto l'operazione con Opel.

A Pomigliano d'Arco e Termini Imerese sono attualmente occupati, tra diretti e indotto, circa 12mila lavoratori (i diretti sono 5.200 nella cittadella industriale alle porte di Napoli e 1.600 a Termini). I sindacati chiedono che il Governo intervenga e convochi subito un tavolo di confronto. L'ipotesi che due delle fabbriche Fiat italiane possano essere sacrificate sull'altare dell'alleanza con Opel preoccupa comunque anche l'esecutivo. In una lettera inviata dal ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, al presidente di Fiat, Luca Cordero di Montezemolo, e all'amministratore delegato Sergio Marchionne viene sottolineata la «centralità» degli stabilimenti italiani nel quadro delle alleanze internazionali del Lingotto.

«L'accordo raggiunto dalla Fiat con la Chrysler - scrive Scajola - ha costituito per l'economia del nostro paese un fatto di grande rilievo. Fondamentale sarà ora il permanere della centralità del sistema produttivo italiano in un progetto che possa continuare a essere sostenuto dal sistema degli incentivi pubblici disponibili per lo sviluppo economico e produttivo del nostro paese». Scajola annuncia che il Governo convocherà presto un incontro con la Fiat e i sindacati per «discutere le prospettive dell'azienda in Italia».

Per la Fiom-Cgil la chiusura o il ridimensionamento di un solo stabilimento «è assolutamente inaccettabile - dice Rinaldini - chi anche solo intendesse operare in questo senso, sappia che un simile, irresponsabile disegno porterebbe all'apertura di un pesante conflitto sociale». Il segretario nazionale della Fim-Cisl, Bruno Vitali osserva che «il fatto che Fiat non commenti è un commento in sè. Di solito è velocissima a smentire.Il suo riserbo è più di un commento, che ci fa preoccupare».

Dello stesso tono sono le parole della Uilm. «Non accetteremo né chiusure di siti né ridimensionamento occupazionale - afferma il segretario generale della Uilm Campania - non ci piace una grande Fiat nel mondo e una piccola Fiat in Italia». L'Ugl scenderà invece in piazza già il 16 maggio per chiedere garanzie sugli stabilimenti e i lavoratori Fiat. La manifestazione si svolgerà ad Avellino.

A gettare acqua sul fuoco è il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. «Aspettiamo di vedere concretamente queste ipotesi - spiega riferendosi al dossier Opel - finalmente si affronta un piano industriale di riorganizzazione nel quale Fiat ha un ruolo attivo e non passivo». Un ottimismo che però non fa il paio con il grido d'allarme lanciato dalle istituzioni locali. La Regione Sicilia chiede infatti un piano di salvaguardia per Termini Imerese. Mentre il governatore della Campania, Antonio Bassolino, chiede al Governo un tavolo nazionale con la presenza delle Regioni per discutere del futuro degli stabilimenti Fiat.