27 aprile 2024
Aggiornato 02:00

Libro Bianco, Cgil: progetto ambizioso ma non condivisibile

«Un giudizio compiuto sarà espresso solo dopo una attenta valutazione dell’insieme di quanto previsto»

ROMA – «Un progetto ambizioso ma per noi non condivisibile». Questo in estrema sintesi il giudizio dei segretari confederali della Cgil, Fulvio Fammoni e Morena Piccinini, in merito al Libro Bianco sul futuro del modello sociale presentato oggi dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. «Un giudizio compiuto - fanno sapere i due dirigenti sindacali - sarà espresso solo dopo una attenta valutazione dell’insieme di quanto previsto. Ci limitiamo quindi a prime considerazioni di metodo e di merito».

Il primo testo, ovvero il Libro Verde, «è stato presentato a luglio prevedendo tre mesi per una cosiddetta consultazione pubblica, avvenuta - sostengono - senza alcun confronto ma solo sulla base di singoli pronunciamenti che in gran parte non conosciamo. Sette mesi dopo il governo presenta la ‘sua’ proposta conclusiva, sulla base della quale saranno effettuati gli atti applicativi: un meccanismo ben diverso da quel concetto di ‘dialogo sociale’ più volte evocato e, al contempo, una conferma del ruolo di residualità che il governo assegna alle forze sociali». Inoltre, continuano i segretari confederali Cgil, «nel corso di questi sette mesi il governo ha già ampiamente anticipato alcuni punti: forti tagli al welfare e un intervento di ampia deregolazione dei diritti del lavoro. Meccanismi gravi e sbagliati in se, che hanno accentuato gli effetti che la crisi propone ma, evidentemente, funzionali al progetto presentato nel Libro Bianco».

Per Fammoni e Piccinini, «è significativo, infatti, che ai concetti di allargamento delle tutele descritti nel Libro Bianco, facciano da premessa tagli alla spesa pubblica già effettuati per le stesse attività. Così come un intervento di deregolazione sul lavoro che ha cancellato tutti i processi di superamento del precariato, previsti nell’accordo del 2007, e che rilancia come prospettiva una nuova forte instabilità dell’occupazione per il dopo crisi a cui viene collegato uno statuto dei lavori basato sull’anzianità di servizio». Allo stesso tempo, spiegano, «non può certo tranquillizzare l’affermazione che non si può intervenire sulle pensioni, sugli ammortizzatori e sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori durante la crisi. Si tratta della conferma di una volontà solo rinviata nel tempo».

«Ci troviamo di fronte all’idea di un nuovo modello sociale - denunciano i due sindacalisti -, basato sul concetto di stato minimo e diversificato per settori e realtà territoriali, sull’individualismo e su un ruolo sbagliato di una bilateralità unicamente sostitutiva dell’intervento pubblico e del ruolo contrattuale del sindacato. Un progetto in cui i più deboli sono destinati a diventare ancor più indifesi e si sostituisce il welfare universale con un modello neocorporativo».

«Come si vede nessun pregiudizio, ma una attenta lettura del merito e degli atti finora realizzati, parti integranti di un progetto che insieme punta a ridefinire modello sociale, modello produttivo e modello sindacale nell’ambito della legislatura. Un merito e un percorso - concludono Fammoni e Piccinini - a cui risponderemo nei prossimi giorni con un giudizio punto per punto e con proposte alternative ad un progetto ambizioso ma per noi non condivisibile».