20 aprile 2024
Aggiornato 17:30

Cassazione: Il capo ti rimprovera troppo spesso? E' mobbing

Urla e rimbrotti eccessivi solo un pretesto per il licenziamento

ROMA - Il capo che urla troppo spesso è costretto a risarcire i danni da mobbing ai dipendenti. E gli eccessivi rimproveri sono solo un pretesto per arrivare al licenziamento. Con una sentenza che costituirà una «pietra miliare» per i lavoratori che si ritrovano con i dirigenti irascibili, la Cassazione dà il suo «imprimatur» ad un'interpretazione del mobbing che comprende anche i «toni» adoperati dal capo.

La Corte ha infatti confermato una sentenza della Corte d'appello di Milano che ha riconosciuto un risarcimento di 9.500 euro ad una centralinista prima «colpita» in diverse occasioni da urla e rimproveri, anche davanti ai colleghi, e infine licenziata in seguito a contestazioni che i giudici hanno ritenuto «inadeguate» a giustificare il più severo dei provvedimenti disciplinari. I giudici della sezione lavoro, con la sentenza 6907, sottolineano anzitutto che «i rimproveri da parte dei superiori venivano effettuati adottando toni pesanti ed in modo tale che potessero essere uditi dagli altri colleghi».

E già questo crea un «clima pesante» in azienda. Per quanto riguarda il licenziamento, inoltre, la Corte evidenzia «la sproporzione evidente tra il provvedimento di licenziamento e i tre lievi addebiti riportati nella contestazione». Nonostante l'azienda insistesse nella sua tesi «punitiva» affermando che la dipendente non aveva «eseguito con diligenza» le sue mansioni, la Cassazione ha confermato le conclusioni dei giudici di merito favorevoli alla lavoratrice ricordando che l'intero procedimento disciplinare è conseguenza di «un comportamento complessivo di mobbing» che secondo i magistrati è spiegabile soltanto con «una specifica volontà di colpire la donna, per indurla alle dimissioni o per precostituire una base per il licenziamento». Insomma, i capi irascibili sono avvertiti: le urla sono ammesse solo in casi gravi.