27 aprile 2024
Aggiornato 01:30
Permessi di soggiorno e immigrazione

Le ACLI dicono no a tariffario su cittadinanza

Le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani esprimono attraverso la voce del presidente Andrea Olivero la propria contrarietà a quanto approvato e ancora va discutendosi in Senato in tema di sicurezza e immigrazione

«Non si può trasformare la politica per immigrazione in un listino prezzi». Le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani esprimono attraverso la voce del presidente Andrea Olivero la propria contrarietà a quanto approvato e ancora va discutendosi in Senato in tema di sicurezza e immigrazione.

«Dopo il «contributo» annunciato sul permesso di soggiorno - dice Olivero - abbiamo visto approvare la tassa di 200 euro per «l'acquisto» della cittadinanza. Salutata da parte di alcuni addirittura come rivoluzione culturale. A noi pare piuttosto una regressione, come ebbe a dire mesi fa autorevolmente il cardinale Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale. Un tempo la cittadinanza era un valore, un diritto, ora ha un prezzo. Abbiamo da oggi un tariffario sulla cittadinanza e l'integrazione».

Le Acli ricordano che già ora la richiesta di un permesso costa al singolo cittadino straniero oltre 70 euro. Permesso che l'amministrazione riesce a rilasciare «in tempi biblici - denuncia Olivero - mai meno di un anno e spesso di più, lasciando la persona in una situazione di costante precarietà».

Contrarietà delle Acli all'introduzione del reato di immigrazione e soggiorno clandestino. «Indignazione» per l'ulteriore provvedimento che prevede la possibilità data al medico di turno al Pronto Soccorso di denunciare alle autorità il cittadino straniero non legalmente presente che ad esso si rivolge per essere curato. Ancora critiche per la proposta del «permesso di soggiorno a punti» che assimila uno strumento normativo che ratifica un diritto ad un concorso a punti.

«Quello che più colpisce - conclude il presidente Olivero - è che a fronte di una serie di misure che vorrebbero contrastare la clandestinità per garantire la sicurezza, si rende più difficile e complicata la vita di coloro che vivono in Italia regolarmente, senza prevedere per loro nessuna politica d'integrazione. Ma senza integrazione, lo abbiamo detto più volte, non c'è sicurezza».