30 luglio 2025
Aggiornato 20:30
Corte di Cassazione - Sezione lavoro - Sentenza 1 dicembre 2008, n. 28519

Periodici specializzati di natura professionale possono essere scritti ed elaborati da lavoratori non iscritti all'Ordine dei giornalisti

Non necessaria l'applicazione del CCNL giornalistico

Con la Sentenza del 1 dicembre 2008, n. 28519 la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha stabilito che le pubblicazioni specialistiche di natura professionale, anche tecnica, vendute in abbonamento e non in edicola, possono essere realizzate da dipendenti ai quali le case editrici non applicano il Contratto di lavoro giornalistico.
Così la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un Ordine regionale dei giornalisti che aveva impugnato la sentenza dalla Corte d’Appello nei confronti di una delle più grandi Case Editrici.

In tale occasione la Corte di Appello aveva dichiarato la natura non giornalistica di un settimanale di natura lavoristica, venduto solo tramite abbonamento.
Per la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione i periodici specializzati, ad eccezione di quelli che si occupano di cinema o di sport, possono essere scritti ed elaborati da lavoratori non iscritti all'Ordine dei giornalisti.

Fatto e diritto
L’«Ordine dei giornalisti della Lombardia» aveva convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano la s.p.a. «IL SOLE 24 ORE» al fine di fare accertare che il periodico settimanale edito dalla convenuta, dal titolo «GUIDA AL LAVORO», aveva natura giornalistica e che, di conseguenza, la convenuta aveva l’obbligo di utilizzare, per la realizzazione di detto periodico, solo personale giornalistico regolarizzato ai sensi del relativo CCNL e di ordinarle, quindi, di fare ricorso solo a questo tipo di personale.
Si costituiva in giudizio la società convenuta che impugnava integralmente la domanda chiedendone il rigetto.
L’adito dichiarava che il settimanale «GUIDA AL LAVORO» aveva natura giornalistica, con conseguente obbligo dell’editore di uniformarsi alla legge professionale dei giornalisti in relazione al personale di redazione, ma la Corte di appello di Milano rigettava le domande proposte dall’Ordine dei Giornalisti - Consiglio Regionale della Lombardia e dichiarava interamente compensate fra le parti le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio».
Per la cassazione della cennata sentenza l’Ordine regionale dei giornalisti della Lombardia ricorreva allora in Cassazione.

La decisione della corte di Cassazione
La Corte di Cassazione in ordine alla individuazione dei dati concreti che differenziano la posizione del giornalista da qualsiasi altro addetto ad attività di informazione, in assenza di elementi obiettivi rinvenibili nella legge professionale o nella contrattazione collettiva, ha disposto che per attività giornalistica deve intendersi quella prestazione di lavoro intellettuale volta alla raccolta, al commento ed alla elaborazione di notizie, destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale attraverso gli organi di informazione. Il giornalista viene in tal modo a porsi come «mediatore intellettuale» fra il fatto e la diffusione della conoscenza dello stesso, nel senso cioè che sua funzione è quella di acquisire esso stesso la conoscenza dell’evento, valutarne la rilevanza in funzione della cerchia dei destinatari dell’informazione e confezionare, quindi, il messaggio con apporto soggettivo ed inventivo.
Per la Cassazione poi assume il dovuto rilievo la continuità o la periodicità del servizio, del programma o della testata, nel cui ambito il lavoro è utilizzato (proprio per la continuità il «giornale» in senso proprio si distingue da ogni altro «stampato»), nonché l’attualità delle notizie trasmesse, in ordine alle quali si rinnova quotidianamente l’interesse della generalità dei lettori, differenziandosi la professione giornalistica da altre professioni intellettuali proprio in ragione di una tempestività di informazioni diretta a sollecitare i cittadini a prendere conoscenza e coscienza di tematiche meritevoli, per la loro «novità», della dovuta attenzione e considerazione.
Per la Cassazione la realizzazione delle pubblicazioni summenzionate può avvenire senza l’ausilio di personale giornalistico e quindi senza che al personale dipendente debba applicarsi il CCNL giornalistico,.
Per la suprema corte il fulcro della questione risiede essenzialmente nella corretta interpretazione dell’art. 28 della Legge 3 febbraio 1963, n. 69 sull’Ordinamento della professione di giornalista, con riferimento ai limiti di applicabilità dello stesso ai «periodici o riviste a carattere tecnico, professionale o scientifico, esclusi quelli sportivi e cinematografici» - carattere questo che, secondo la sentenza impugnata, censurata diffusamente dal ricorrente sulle relative modalità interpretative, connoterebbe il periodico «Guida al Lavoro» -.
Al riguardo la disposizione dell’art. 28 - nel senso che «nell’albo dei giornalisti sono annessi gli elenchi di coloro che, pur non esercitando l’attività giornalistica assumano la qualifica di direttore responsabile di periodici o riviste a carattere tecnico, professionale o scientifico» - contiene i presupposti per la soluzione della questione, per cui per la stessa Corte di Cassazione «alla stregua delle previsioni di cui agli artt. 46 e 28 della legge n. 69/1963 si ricava che solo un giornalista iscritto all’albo dei giornalisti professionisti può assumere la qualità di direttore responsabile di pubblicazioni periodiche in generale, mentre solo per la direzione di quelle a carattere tecnico, professionale o scientifico (con esclusione dei periodici sportivi e cinematografici) è sufficiente l’iscrizione negli «elenchi speciali» di cui al citato art. 28» .
Con la conseguenza che soltanto il direttore responsabile «non giornalista» deve - per evidenti ragioni di responsabilità editoriale - essere «registrato» (e non «iscritto») in «un elenco annesso all’albo dei giornalisti», confermandosi così che - come il (e ancor più del) direttore - i dipendenti dalle aziende di «pubblicazioni periodiche a carattere tecnico, professionale o scientifico» non debbano essere giornalisti iscritti all’albo professionale e, quindi, nel relativo rapporto di lavoro può legittimamente non essere applicato il contratto collettivo giornalistico.
Dunque per la Cassazione l’art. 28 della Legge professionale dei giornalisti ammette che nell’Albo dei giornalisti siano ammessi gli elenchi dei giornalisti stranieri e di coloro che, pur non esercitando l’attività di giornalisti, assumono la qualifica di direttori responsabili di riviste a carattere tecnico, professionale o scientifico e dunque tale articolo 28 «ammette che la realizzazione delle pubblicazioni summenzionate possa avvenire senza l’ausilio di personale giornalistico e quindi senza che al personale dipendente debba applicarsi il CCNL dei giornalisti».

Corte di Cassazione - Sezione lavoro - Sentenza 1 dicembre 2008, n. 28519